I nostri pensieri divengono il nostro mondo. Noi diventiamo ciò che pensiamo. Questo è l'eterno mistero. (Maitri Upanisad)
martedì 27 dicembre 2011
calendario yoga 2012
mercoledì 21 dicembre 2011
Ganesha Shodasha Naamani - mantra dei nomi di Ganesha
Agajaanana Padmaarkam Gajaanana Maharnisham
Anekadantham Bhaktaanaam Ekadantam Upaasmahey
Giorno e notte l’omaggio dei devoti al volto di elefante, che è come il sole per il fiore del loto, l’Unidentato
Sumukhaschai Ekadanthascha Kapilo Gajakarnakah
Lambodarascha Vikato Vighnaraajo Ganaadhipah
Dal volto piacevole, con una sola zanna, di colore rosso scuro, con orecchie d’elefante, dalla grande pancia, dall’aspetto particolare, distruttore degli ostacoli, Signore delle moltitudini
Dhoomaketur Ganaadhyakshah Phaalachandro Gajaananah
Vakratunda Soorpakarno Heyrambha Skandapoorvajah
Del colore del fumo, Signore delle moltitudini, con la luna sul capo, dal volto d’elefante, il Proboscidato, dalle grandi orecchie, il figlio amato dalla madre, il fratello di Skanda
Vakratunda Soorpakarno Heyrambha Skandapoorvajah Heyrambha Skandapoorvajah
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mercoledì 14 dicembre 2011
Om Gam Ganapataye Namaha - mantra di Ganesha
venerdì 9 dicembre 2011
vimala thakar: il risveglio verso la rivoluzione totale
In un’epoca in cui la sopravvivenza della specie umana è in pericolo, tenere in vita lo status quo vuol dire cooperare con la follia e contribuire al caos. Quando l’oscurità sommerge lo spirito dell’umanità, le persone impegnate devono urgentemente risvegliarsi ed elevarsi verso la rivoluzione.
La furbizia della mente umana ci ha portato a questa crisi complicata, orribile e universale. Le soluzioni basate su una concezione tradizionale dell’uomo, continuano a fallire, a essere pateticamente inadeguate. Tuttavia investiamo molte risorse in queste vecchie soluzioni, con l’idea che se raggiungiamo una scala sufficientemente grande, esse risolveranno i nuovi problemi. Abbiamo il coraggio di vedere i fallimenti per quello che sono, lasciandoli al passato? Abbiamo la forza di andare al di là di filosofie anguste e unilaterali, per aprirci alla totalità e all’interezza?
Ciò che occorre adesso è andare al di là del frammentario, per risvegliarci alla rivoluzione totale. Ciò che occorre adesso non sono le formule rivoluzionarie del passato. Se hanno fallito, perché continuare a trascinarle con noi, magari sotto nuove vesti? Oggi la sfida è creare una rivoluzione completamente nuova, vitale, che includa la totalità dell’esistenza. Non abbiamo mai avuto il coraggio di abbracciare la totalità della vita nella sua imponente bellezza; ci siamo accontentati dei frammenti, di nicchie dove ci sentiamo concettualmente al sicuro ed emotivamente tranquilli. Potremmo anche tenere le nostre piccole e confortevoli nicchie, non fosse per la terribile confusione che abbiamo creato cercando di spezzare l’unità cosmica in piccoli frammenti. Abbiamo creato un caos orribile, e cerchiamo di porre riparo alla complicata situazione con le più superficiali e raffazzonate cure.
Oggi, con le cicatrici dei fallimenti passati che deturpano la nostra esistenza e le paure del futuro che appesantiscono lo spirito, non possiamo più continuare con questo pericoloso gioco della frammentazione. Non possiamo più negare il fatto che siamo tutti collegati, uniti nella totalità. La scienza e la tecnologia hanno portato ognuno di noi in intima relazione con tutti gli altri. Siamo davvero una grande famiglia umana. Tuttavia, come famiglia umana, non abbiamo imparato a vivere insieme in pace, senza violenza né sfruttamento. All’inizio del ventesimo secolo, Bertrand Russell ha scritto: “L’uomo sa volare in aria come un uccello, sa nuotare nell’acqua come un pesce, ma non sa vivere in mezzo agli altri esseri umani”.
Benché la nostra sopravvivenza sia a rischio, tendiamo a considerare la crisi in modo superficiale, emotivo e sentimentale. Abbiamo cercato, in modi sottili, di non attribuire a noi la colpa per la situazione della famiglia umana. Pensiamo di essere – noi o il nostro piccolo gruppo – persone sincere e amanti della pace, e attribuiamo agli estranei, a chi sta fuori dal gruppo, ai furfanti assetati di potere, la responsabilità per ogni guerra o aggressione.
Tuttavia, come possiamo noi, membri di società preparate alla guerra, chiamarci fuori in quanto “amanti della pace” accusando gli altri di violenza? Ma questo è ciò che cerchiamo di fare. Vediamo alla TV, o ascoltiamo alla radio di guerre e massacri che accadono in vari Paesi, e pensiamo quanto sia stupido farsi la guerra, chiedendoci perché i politici e gli uomini di Stato non hanno il buon senso di mettere fine a tutte queste sciocchezze. Questa è la reazione forse di ogni cittadino sensibile del mondo. Ma chi è che fa la guerra? Dove sono la radici di quest’ultima? Nelle menti di pochi individui che governano i rispettivi Paesi? Oppure nei sistemi che noi abbiamo creato e nei quali viviamo da secoli: il sistema economico, politico, amministrativo, industriale? Se non siamo dei romantici o dei sentimentali, e non ci accontentiamo di una semplice reazione emotiva, dicendo quanto sono brutte le guerre, ma andiamo in profondità, non troveremo forse le radici della guerra nei sistemi e nelle strutture che abbiamo accettato?
Scopriremo che esistono sistemi e strutture che conducono inevitabilmente all’aggressione, allo sfruttamento e alla guerra. Abbiamo accettato l’aggressione come stile di vita. Creiamo strutture che culminano nella guerra, e ci trinceriamo dietro di esse. Mantenere le strutture ed evitare le guerre non è possibile. Io e te, come individui, dobbiamo comprendere in che modo siamo responsabili, come cooperiamo con il sistema e quindi partecipiamo alla violenza e alla guerra. Quindi, dobbiamo cominciare a chiederci se possiamo smettere di cooperare con il sistema, di partecipare alle guerre, e cercare stili di vita alternativi.
Dobbiamo andare alle radici del problema, al centro della psiche umana, riconoscendo che l’azione sociale collettiva comincia dall’azione nella vita individuale. Non possiamo separare l’individuo dalla società. Ognuno di noi contiene la società quando ne accetta la struttura, le priorità stabilite per noi dai governanti e dagli Stati. Siamo espressioni della società, ripetiamo il modello creato per noi, e siamo felici perché ci vengono dati comfort, svaghi, divertimenti, sicurezza fisica ed economica. Ci hanno educato a essere ossessionati dalla sicurezza: il domani ci preoccupa molto più della responsabilità per l’oggi.
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Vimala Thakar, Spirituality and Social Action: A Holistic Approach, 1984
venerdì 2 dicembre 2011
vimala thakar: il mistero del silenzio - la trasformazione (testo italiano)
"Se riusciamo a osservare il nostro modo di vivere in tutta umiltà, vedremo che non sappiamo vivere. Basta il più piccolo movimento, e c'è esasperazione, irritazione, inibizione, paura. La più piccola necessità di entrare in rapporto con gli altri, ed ecco che la mente si dà da fare. Vivere è muoversi con l'integrità del proprio essere, in armonia: vivere è muoversi senza attrito interiore, con la totalità del proprio essere in armonia. La sfida della trasformazione è avvertita da chi sente che vivere è muoversi, totalmente, da una situazione all'altra, da un rapporto all'altro, con la totalità del proprio essere, in tale libertà e in tale armonia che l'atto di muoversi non è sentito come una prova tremenda ma come una festa, come qualcosa da godere".
"Non avere pregiudizi su nessuno degli aspetti della vita è assolutamente, estremamente necessario. Altrimenti la ricerca viene distorta e inquinata fin dall'inizio, perché considero la vita fisica materiale disprezzabile, e guardo dall'alto in basso i rapporti fisici come qualcosa di non religioso, di non spirituale. Non c'è nulla di non spirituale nella vita, tranne ciò che la mente crea e a cui indulge. Perciò, un ricercatore deve entrare in contatto con la totalità e non permettere che la mente si faccia inquinare da questa sua idea che ci sia qualcosa di non spirituale. Perché vedete, è sempre la stessa cosa, sia che abbiate un pregiudizio verso qualcosa o che la veneriate, sia che la condanniate o che la vezzeggiate. Tenersi alla larga dai due estremi e dirsi: «Non ho mai considerato nulla in vita mia senza pregiudizi»; dirsi: «Ho sempre considerato le cose e reagito, o risposto, sull'onda del pregiudizio, di teoria o di ideologie»; dirsi questo e liberarsi dall'abitudine del pregiudizio e delle tendenze, significa porre le basi giuste per la ricerca".
"Perché vi sia una trasformazione nessun movimento dev'essere ripetitivo o meccanico. Quando vivo in modo ripetitivo e meccanico non mi serve la qualità della sensibilità, dell'attenzione. Vedete qual è il gioco della mente? La mente non deve essere vigile e sensibile, quando ripete uno schema. Quando prende un'abitudine, non ha bisogno di essere attenta. Essere attenti richiede sensibilità, perciò l'uomo ha continuato a baloccarsi creando nuovi schemi abituali, splendidi modelli di schemi abituali. Viaggiando per i vari continenti si potrebbe vedere tutta la cultura umana come una grande giardino pieno di modelli e schemi di comportamento: comportamento verbale, comportamento fisico, comportamento mentale e così via. Perciò dovrò imparare a liberarmi dall'azione ripetitiva, meccanica, in primo luogo sul piano fisico: a non fare nulla distrattamente, in modo meccanico o ripetitivo. Quando fate un movimento distrattamente, passivamente, non siete là. È l'abitudine che si muove nel tempo, non voi".
"Cos'è l'attenzione non reattiva? Un oggetto si presenta alla mia coscienza e io non mi rapporto all'oggetto. La reazione interviene quando mi rapporto all'oggetto o per fare qualcosa all'oggetto o per fare qualcosa con l'oggetto o per ottenere qualcosa dall'oggetto. Quando non rapporto me stessa, l'ego, all'oggetto, c'è un'attenzione non reattiva. Quindi la mente si muove e io la osservo. Quando si sostiene questo stato di attenzione, l'impeto del passato si spegne da sé, perché non ha alcun ruolo. E quando i contenuti della psiche sono lasciati liberi di manifestarsi e vengono guardati senza paura, è possibile a ogni essere umano guardarli, basta che non abbia immagini di se stesso da difendere. Quando i contenuti vengono osservati in questo modo, e non c'è nulla di più da osservare, la separazione fra osservatore e osservato scompare da sé. Con l'aiuto dello specchio dell'attenzione non reattiva, guardo i contenuti. Quando l'osservazione è finita, senza combattere con lo specchio, vi allontanate semplicemente dallo specchio. Avete guardato la figura, il vostro corpo. Non c'è più nulla da guardare. Allora l'osservatore scompare. Voi ci siete, ma non l'osservatore. Allo stesso modo, quando i contenuti della psiche sono lasciati liberi di esporsi all'attenzione, e sono lasciati liberi di farlo innocentemente, naturalmente, seguendo il proprio moto, la propria velocità, e non c'è più nulla da osservare, la separazione, la scissione, svanisce, si dissolve. Perciò la separazione non c'è più, e si resta in uno stato di espansione della psiche, della coscienza, dove non c'è centro né circonferenza, periferia. È l'inizio di ciò che chiamiamo silenzio. L'ultima attività dell'io-coscienza entra volontariamente e gentilmente in uno stato di sospensione quando l'osservazione è terminata, e si resta in un oceano di coscienza. E ci si ritrova in una tremenda vastità, in una voragine senza fondo, un'esistenza senza direzione. Perché ero lo scopo a dare la direzione; era l'ideologia che mi indicava una destinazione. Era l'io-coscienza che mi dava la sensazione di un centro, di una centralità e sicurezza. Ora non c'è nulla. C'è soltanto una vasta distesa di energia, di coscienza. La coscienza è energia senza centro né circonferenza. E chi veramente arriva lì ha come primo impatto la sensazione di essersi sperduto: «Dove sono?». La dimensione del silenzio è una nuova dimensione a cui l'uomo non è abituato, con cui non ha dimestichezza. È una dimensione del tutto nuova dove c'è un nuovo movimento, un nuovo tipo di moto, non un movimento cerebrale".
da Vimala Thakar, Il mistero del silenzio
sabato 26 novembre 2011
Khechari Mudra, mudra del silenzio e della vittoria sui sensi
“L'eccellente saggio, seduto in vajrâsana, privo di ogni contrarietà, fissando fermamente lo sguardo tra le sopracciglia, sistemi con cura la lingua rovesciata all’indietro nella cavità che sta sotto l'epiglottide, dove vi è il nettare. Ho descritto questa mudrâ, chiamata khecarî, per esaudire i desideri dei miei devoti. Questa mudrâ, madre dei successi, mi è più cara della vita; grazie alla sua pratica eseguita incessantemente lo yogin, ogni giorno, beve il nettare per mezzo del quale può ottenere la vigrahasiddhi e, come un leone, domina l'elefante della morte. Sia egli puro o impuro, in qualunque stato si trovi, se la khecarîmudrâ è compiuta correttamente, diventa puro, non c'è dubbio”. dalla Shiva Samhita
“Quando si gira la lingua e la si introduce nella cavità interna del cranio, dietro il palato,
e si fissa lo sguardo nello spazio fra le sopracciglia ecco la khecarîmudrâ. Rientrando la lingua verso il palato posteriore la si deve applicare contro le tre vie”. dall’Hatha Yoga Pradipika
Per eseguire khecarimudrâ si spinge la lingua verso la gola, rivoltandola su se stessa e fissando lo sguardo tra le sopracciglia; lo scopo di khecarîmudrâ consiste nell’impedire che il fluido vitale, paragonato al nettare che trasuda dalla luna, posta nel chakra del capo, sgoccioli verso i centri inferiori.
lunedì 21 novembre 2011
Mahamudra: il grande sigillo
“Tenendo con le due mani il piede destro teso in avanti, chiuse le nove porte del corpo, appoggiato il mento sul petto, concentrando le vibrazioni della mente, lo yogin pratichi il vâyusâdhana. Questa è la mahâmudrâ, tenuta segreta in tutti i Tantra; dopo averla praticata sul lato sinistro, di nuovo la ripeta sul lato destro lo yogin dalla mente ferma, eseguendo il prânâyâma. In questo modo anche lo yogin sfortunato ottiene lo stimolo di tutte le nâdi, la morte del bindu, la vita del rajas, la distruzione dei peccati, la fine di tutte le malattie, l'aumento del succo gastrico, lo splendore puro della bellezza, la distruzione della vecchiaia e della morte, il frutto della prosperità desiderata, la felicità, l'annientamento dei sensi. Lo yogin, immerso nello Yoga, può ottenere tutti i vantaggi elencati sopra, servendosi di tale pratica; di certo non deve esitare a intraprenderla”.
dalla Siva Samhita.
Il modo per realizzare mahâmudrâ è il seguente: afferrare l'alluce del piede destro e piegarsi in avanti finché la fronte poggia sul ginocchio destro. In questa posizione si inspira e si trattiene il fiato; durante la fase di ritenzione si applicano uddiyana e mula banda; poi, con gli occhi chiusi e la mente assorta, ci si concentra sullo spazio tra le sopracciglia.
mercoledì 16 novembre 2011
vimala thakar: il mistero del silenzio - la meditazione (testo italiano)
"La meditazione è lo stato in cui c'è una consapevolezza senza sforzo e senza scelta di ciò che la vita è dentro e intorno a noi. Si tratta dunque di uno stato, di un modo d'essere, non di un'attività".
"Bisogna imparare che cos'è l'osservazione. Se io sono colui che esperisce, allora verrò coinvolto nel processo di esperire, e non sarò capace di osservare il movimento della mente. Mentre sedevamo per qualche minuto in silenzio, dovete aver notato il pianto di un bambino. La mente faceva resistenza? Se la mente resiste allora c'è una frizione, e la frizione sfocia nella noia e nell'irritazione, e lo stato di osservazione va perduto. Ogni reazione nasce dalla resistenza. Non resistete. Avete mai notato le resistenze agli eventi della vita? L'emozione crea una resistenza, una divisione. Voi volete interpretare l'evento, identificarlo, riconoscerlo, valutarlo, dargli un'etichetta e collocarlo nella memoria sotto qualche categoria, in modo che tale esperienza vi sia utile per un'ulteriore interpretazione degli eventi. Desideriamo avere una difesa, e le esperienze sono parte del meccanismo di difesa, così come lo è la conoscenza. Abbiamo paura di essere esposti alla vita, di vivere in uno stato di innocenza, di assoluta, incondizionata vulnerabilità al nudo tocco della vita così com'è. Vogliamo coltivare le resistenze, acquisire risposte sotto forma di esperienza, immagazzinarle nella memoria, cosicché si possa aprire il cassetto o lo schedario della memoria, riferirsi a esso ogni qualvolta ci sia una sfida e tirar fuori la risposta condizionata. Avete notato quanto è monca, sbilanciata la crescita dell'uomo? Egli ha raffinato il cervello perdendo l'eleganza della semplicità; ha perso la capacità di guardare le cose senza nessun movente, con innocenza, senza trasformare l'atto e l'oggetto di osservazione in un mezzo volto a un fine. L'eleganza, la bellezza della semplicità e dell'innocenza sono perse per l'uomo. Occorre crescere verso la vulnerabilità, la tenerezza, la duttilità della meditazione e allora soltanto l'uomo sarà degno del proprio nome.L'uomo vive in uno stato più o meno nevrotico. Le nostre risposte sono inibite, le nostre percezioni condizionate. Non c'è alcuna spontaneità nella vita. Soltanto un processo meccanico di reazione in conformità con il condizionamento, la tradizione, le ambizioni, i movimenti personali e così via. Occorre stare quietamente con se stessi per un po' di tempo a osservare il movimento del pensiero, nello stato di osservazione. Bisogna impararlo, perché, non appena vi ponete nello stato di osservazione, riemerge la vecchia abitudine dell'introspezione, della valutazione. In una frazione di secondo lo stato di osservazione può andar perduto: allora diventate il giudice, colui che fa, colui che esperisce. Bisogna educarsi di giorno in giorno.Non è facile quello stato di osservazione in cui non fate qualcosa, in cui non siete attivi, né inattivi, in cui non state oziando e nemmeno non facendo; in cui l'attività mentale dualistica è tenuta in acquiescenza e resta attiva soltanto l'osservazione, né colui che fa, né colui che esperisce".
"La meditazione è uno stato dell'essere totale. Il corpo è totalmente rilassato. In questo rilassamento completo si libera una nuova energia. Chi vive continuamente in questo totale rilassamento, possiede tale infinita energia creativa, che lo mantiene eternamente fresco e spontaneo. La freschezza è il contenuto dell'innocenza. Totale rilassamento e totale rigenerazione vanno sempre insieme. Sembra che nello stato di meditazione l'intelligenza usi il corpo e la mente senza alcuna tensione, conflitto o contraddizione; in genere i pensieri e le emozioni nascono da alcuni moventi e sfociano in tensione neurologica o pressione chimica. Il pensiero è attaccato alla coscienza dell'io. È incatenato al noto, al passato e a tutto il condizionamento che costituisce la nostra coscienza. Il movimento cerebrale che scaturisce dall'ego sfocia in tensioni nervose. Finché il movimento cerebrale è radicato in moventi, tensioni, ambizioni o sentimenti del genere, non può esserci rilassamento. Senza rilassamento non può esserci spontaneità. A differenza dei movimenti mentali, il movimento senza tensioni non vi esaurisce. Quando si cresce in questa nuova dimensione della vita, diventa possibile muoversi attraverso una quantità di relazioni diverse senza lasciarsi dietro alcuna cicatrice di memoria. Si cresce in un modo di vivere interamente nuovo. Si usa il corpo in modo diverso, si usa la mente in un modo qualitativamente diverso. Persino l'uso della parola passa attraverso un cambiamento radicale. Tali cambiamenti non sono prodotti da uno sforzo cosciente: hanno luogo con naturalezza, facilità e grazia. La trasformazione è un evento che ha luogo spontaneamente. Non si può mai produrre intenzionalmente.
Non appena prendete la determinazione di produrre una trasformazione, diventate vittima delle tensioni cerebrali. La purezza non si può trapiantare artificialmente. Deve crescere dentro di me. Gran parte di noi è vittima dell'irrequietezza verbale. Siamo schiavi di una verbalizzazione non accurata. Pochissimi di noi si rendono conto che esiste una relazione intima fra la libertà della parola e lo stato di meditazione. Non sarà necessario imporre alla mente una quiete forzata. Ogni limitazione costituisce una forma di violenza. Ogni regolamento è una forma di sottile violenza contro se stessi. Come educare la mente in modo che non ci sia bisogno di forzarla a fare o non fare qualcosa? È necessario imparare come si osserva. Osservare significa guardare una cosa da un punto di vista non soggettivo; osservarla senza valutare né giudicare. Il processo di gradire o sgradire, di comparare e giudicare, complica le percezioni. Come educare la mente a osservare? Un sistema è quello di guardare i movimenti mentali; guardarli in una quiete sostenuta, continua. All'inizio lo stato di osservazione durerà soltanto un secondo o due, dopodiché si ricadrà immediatamente nell'abitudine di chi fa, esperisce, interpreta e così via. Bisogna essere consapevoli dello stato di disattenzione".
Vimala Thakar, Il mistero del silenzio
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mercoledì 9 novembre 2011
vimala thakar: rivoluzione interiore e rivoluzione esteriore
Vimala Thakar (15.4.1923 - 11.3.2009), una delle più rilevanti leader spirituali indipendenti dell'India contemporanea. Da sempre rivoluzionaria a livello spirituale e politico, per lei l'attivismo sociale è espressione della ricerca spirituale.
Nasce in India, studia filosofia orientale e occidentale all'Università di Nagpur. In un tempo in cui studiare è assolutamente eccezionale per una donna in India, Vimala-ji, come veniva affettuosamente chiamata, riuscì a seguire e a completare gli studi universitari nel proprio paese e in Inghilterra.
Per quattordici anni partecipa attivamente al Bhudan Yajna (Bhoodan Movement - Movimento del dono della terra) di ispirazione gandhiana, fondato da Vinobha Bhave, che ha come obiettivo la ridistribuzione delle terre.
Nel 1956 incontra Jiddu Krishnamurti, il maestro che imprime una profonda svolta al suo pensiero e alla sua crescita interiore; segna, infatti, profondamente la sua ricerca che la porta ad abbracciare la vita "senza scopo e senza direzione" cui si sentiva spinta fin dall'infanzia. Fu per lei chiaro che la radice di ogni sofferenza è da ricercarsi nei meccanismi della mente, e che soltanto la libertà interiore conquistata dall'individuo ha una reale riverberazione sociale.
Dal 1962 si impegna in Oriente e in molti paesi europei, tra cui l'Italia, in un'intensa attività di conferenze e seminari di meditazione, attraverso i quali comunica in modo molto diretto la sua esperienza e la sua visione della vita dedicando uno spazio particolare alla natura del cambiamento interiore, per lei legato a una ricerca intensa, libera da ogni dogma o autorità costituiti.
Dal 1979 al 1982 Vimala sospende i viaggi di insegnamento nel mondo, poiché si è riaccesa in lei la fiamma in difesa dei diritti sociali; durante la sua permanenza in India riprende a viaggiare di villaggio in villaggio parlando con i cittadini dei problemi locali e fondando centri in cui istruire gli abitanti dei villaggi sulle industrie agro-centrate, sulla sanità, l'autogoverno locale e la cittadinanza democratica attiva.
Dopo questa pausa, ella inizia di nuovo a viaggiare all'estero, con la messa a fuoco del suo insegnamento che, ora, comprende più pienamente la sua passione per entrambe le rivoluzioni: interiore ed esteriore.
Nel 1991 interrompe definitivamente i suoi viaggi al di fuori dell'India e si stabilisce sul Monte Abu, nel Rajasthan, nella casa che le è stata donata (trascorre i mesi estivi ad Ahmedabad, in Gujarat e a Dalhousie, ai piedi dell'Himalaya) dove continua, sino al completamento del suo percorso terreno, a condurre gruppi di ricerca e campi di meditazione con persone provenienti da tutto il mondo.
Tra i suoi libri IL MISTERO DEL SILENZIO
mercoledì 2 novembre 2011
Yogavasistha: i racconti del saggio Valmiki
Lo Yoga Vasishtha è un antico e importante testo sanscrito sul Vedanta. Vasishtha era un grande Rishi che impartì la conoscenza suprema al principe Rama, suo discepolo. L’opera è attribuita a Maharishi Valmiki – il sommo poeta del Ramayana – che racconta gli insegnamenti che Vasishtha trasmise a Rama servendosi di antiche e bellissime storie.
Vasishtha inizia progressivamente Rama alla conoscenza dell’Anima e nello stesso tempo gli spiega come e perché deve agire nel mondo. Chi pratica la ricerca del Sé o dell’Assoluto troverà in questo libro un tesoro inestimabile. Chi lo studia con mente concentrata può ottenere l’illuminazione; le persone assetate di liberazione trarranno certamente beneficio dal suo studio e vi troveranno una miniera inesauribile di conoscenza e di pratiche istruzioni spirituali.
Secondo lo Yoga Vasishtha, il mondo dell’esperienza con tutte le sue leggi, gli oggetti, lo spazio e il tempo sono soltanto creazioni della mente. Il suo insegnamento principale è che tutto è Coscienza, incluso il mondo materiale: il mondo è solo il gioco della Coscienza.
"Vasista disse: Colui che è investito delle qualità che ho enumerato è qualificato ad ascoltare ciò che sto per rivelare. Tu sei invero una tale persona, o Rama. Soltanto colui che è maturo per la liberazione può udire questo. Ma questa rivelazione è capace di condurre alla liberazione anche se non la si desidera, proprio come una luce è capace di illuminare gli occhi di un dormiente. Colui che semina il seme della conoscenza di questa scrittura, presto otterrà il frutto della realizzazione della Verità. Colui che ascolta e riflette sull' esposizione di questa scrittura gioisce di una saggezza insondabile, una ferma convinzione e un'imperturbabile calma di spirito. Presto diventa un saggio liberato la cui gloria è indescrivibile. Colui che studia questa scrittura e ne contempla il significato non ha bisogno di intraprendere austerità, meditazione o japa, dato che non c'è nulla di più grande della liberazione concessa dallo studio di questa scrittura. O Rama, quando una verità che non è stata personalmente sperimentata viene ascoltata, non la si afferra, eccetto che con l'aiuto di un esempio. Questi esempi o parabole sono stati usati in questa scrittura con uno scopo definito e un'intenzione limitata. Non devono essere presi letteralmente, né il significato deve essere portato oltre l’intenzione. Quando la scrittura viene studiata in questo modo, il mondo sembra un sogno o un'illusione".
testo italiano integrale (download)
mercoledì 26 ottobre 2011
diwali, festa delle luci, e la danza del chakra del cuore
Oggi si festeggia Diwali, la festa delle luci !
Un'occasione per illuminare anche il nostro cuore, con la danza del Chakra Anahata...
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mercoledì 19 ottobre 2011
sivananda, quinta lezione: ostacoli nello yoga
Esistono alcuni ostacoli nel cammino dello Yoga che dovresti, con ogni mezzo, superare all’inizio della tuo percorso yogico. Se non sarai adeguatamente in guardia contro questi impedimenti, al momento giusto tramite la voce ammonitrice del tuo Guru, questi ridurranno ogni tua speranza e aspirazione in pezzi e ti condurranno alla fine ad una miserabile caduta. Concupiscenza, avidità, rabbia, odio, gelosia, paura, inerzia, depressione, pregiudizio, intolleranza, cattive compagnie, arroganza, autosufficienza, desiderio di fama, curiosità, costruire castelli per aria e ipocrisia sono i principali ostacoli. Dovresti sempre praticare l’introspezione ed osservare la tua mente. Dovresti prendere misure efficaci per rimuovere questi ostacoli completamente, nelle radici e nei rami.
“Letti, seggi, vesti e ricchezze sono ostacoli nello Yoga. Betel, cibi appetitosi, carrozze, regni, nobiltà e poteri; oro, argento, rame, gemme, legno di aloe e mandrie; imparare i Veda e gli Shastra; danzare, cantare e ornarsi; arpa, flauto e tamburo, cavalcare elefanti e cavalli, mogli e bambini, piaceri mondani; tutti questi sono così tanti impedimenti” (Siva Samitha V-3).
Lo studente di Yoga non dovrebbe possedere molte ricchezze perchè lo trascineranno verso tentazioni mondane. Può tenere da parte solo una piccola somma per le necessità del corpo. L’indipendenza economica è di primaria importanza per un aspirante, perchè lo libererà dalle ansietà e gli permetterà di continuare le sue pratiche senza interruzioni.
Se ti offendi facilmente perfino per cose banali, sappi che non puoi fare alcun progresso nello Yoga e nella meditazione. Dovresti, per questo motivo, coltivare una natura amabile e amorevole, e l’adattabilità. Alcuni aspiranti si offendono facilmente se si menzionano i loro vizi e difetti. Si indignano e cominciano a lottare con la persona che ha visto i loro difetti, pensano che quella persona cospiri contro di loro per gelosia ed odio. Questo è male. Gli altri possono individuare molto facilmente i tuoi difetti. Se non hai una vita di introspezione, se la tua mente è di tendenza estroversa, come puoi trovare i tuoi stessi difetti? La tua superbia vela ed inganna la tua visione mentale. Pertanto, se vuoi crescere nella spiritualità e nello Yoga, devi ammettere i tuoi difetti, quando sono indicati dagli altri. Ti devi sforzare di sradicarli e devi essere veramente grato a chi sa indicarti i tuoi difetti.
L’humour è un raro dono della natura: aiuta gli aspiranti nella loro marcia sul sentiero spirituale, rimuove la depressione, mantiene allegri, porta gioia e divertimento. Ma non dovresti scherzare a spese altrui e ferire i loro sentimenti. La parola umoristica deve educare e correggere gli altri. Dovresti ridere in una maniera delicata, gentile e decente. I saggi sorridono attraverso gli occhi: è grandioso ed elettrizzante. Solo gli aspiranti intelligenti possono capire questo.
Dovresti sviluppare le nobili qualità del perdono, dell’amore e della simpatia per gli altri. Non dovrebbe esserci il minimo disturbo nel lago della mente, dovrebbe essere perfettamente calmo e sereno. Solo allora la meditazione è possibile. Il successo nello Yoga è possibile solo se l’aspirante pratica una profonda e costante meditazione. Deve praticare l’autocontrollo in ogni momento, perchè improvvisamente i sensi possono diventare turbolenti. Questa è la ragione per cui il Signore Krishna dice ad Arjuna: “O figlio di Kunti! I sensi eccitati, perfino di un uomo saggio, nonostante egli si sforzi impetuosamente, portano via la sua mente. Poiché la mente, che segue la scia dei sensi erranti, porta via la sua discriminazione, come il vento una barca sulle acque” (Bhagavad-Gita II-60, 67).
La pratica intensa e costante dello Yoga è necessaria per entrare in Asamprajnata Samadhi. Se lo studente yogico che pratica la meditazione è malinconico, depresso e debole sicuramente c’è un errore nella Sadhana da qualche parte. La vera meditazione rende l’aspirante forte, gioioso e sano. Se gli aspiranti stessi sono malinconici e nervosi, come faranno a impartire gioia, pace e forza agli altri?
Dovrai padroneggiare ogni stadio dello Yoga. Non intraprendere nessun nuovo stadio prima di aver completamente padroneggiato il precedente. Gradualmente, ascendi attraverso gli stadi successivi fieramente e allegramente. Questa è la giusta via regale verso la perfezione nello Yoga.
Uno Yogi rivendica di poter sviluppare poteri straordinari e conoscenza sottomettendo le passioni e gli appetiti e praticando Yama, Niyama e Samyama Yogico (concentrazione, meditazione e Samadhi allo stesso tempo). Patanjali avverte chiaramente che gli studenti non dovrebbe essere trascinati via dalle tentazioni dei poteri (siddhi). Le tentazioni dei mondi astrali, mentali e Gandharva sono più potenti delle tentazioni terrene. Patanjali elenca i seguenti nove ostacoli: malattia, languore, dubbio, incuria, pigrizia, sensualità, errata nozione (falsa conoscenza), instabilità della mente e instabilità nel rimanere nello stato di Samadhi. Per questo prescrive la pratica della concentrazione su un soggetto (Eka-Tattvabhyasa) per vincerli. Questo darà all’aspirante stabilità e vera forza ineteriore. Lo Yogi è ampiamente ricompensato quando acquista il pieno controllo sulla sua mente e sperimenta la gioia della suprema beatitudine dell’Asamprajnata Samadhi.
Nello Yoga Kundalini Upanishad troverai: “Le malattie sono generate nel corpo di una persona attraverso le seguenti cause: dormire di giorno, vigilare di notte, rapporti sessuali eccessivi, muoversi in mezzo alle folle, trattenere le urine e le feci, cibo cattivo ed insalubre e laboriose operazioni mentali”.
Là, sulla sommità della Collina della Beatitudine Eterna, puoi vedere adesso il Jivanmukta o lo Yogi pienamente sviluppato. Egli ha scalato le altezze stupende tramite una costante e intensa lotta. Ha fatto Sadhana spirituale rigorosa e severa. Ha fatto profonda meditazione. Ha asceso gradualmente le altezze passo dopo passo. Si è riposato in diversi punti di sosta. Ha perseverato con pazienza e diligenza. Ha superato molti ostacoli. Oggi è un raggio di luce per tutto il mondo. Anche tu puoi ascendere a quella sommità, se solo lo vuoi.
mercoledì 12 ottobre 2011
Yama e Niyama: le prime "membra" dello Yoga
YAMA
"freni", autocontrollo, comportamenti verso gli altri
Aimsha
nonviolenza: non farsi del male, non fare del male a nessun essere vivente, essere consapevoli del ferire e del ferirsi
Satya
veridicità: vivere nella verità, in una relazione con la realtà semplice e non artefatta
Asteya
non appropriazione: abbandonare il deisderio di appropriarsi di esseri viventi, oggetti, pensieri
Brahmacarya
continenza: vivere con moderazione nalla coscienza della non-dalità, riconoscere il divino in ogni essere e in ogni cosa
Aparigraha
non attaccamento: non accumulare beni materiali e immateriali
NIYAMA
"osservanze", discipline, comportamenti verso se stessi
Saucha
purezza: purificazione del corpo e dello spirito
Samtosa
contentamento: gioia, raggiungere la suprema felicità con l'accontentarsi
Tapas
volontà cosciente: ardore di elevarsi spiritualmente, vigore nel sopportare i contrasti
Svadhyaya
studio: lettura dei testi, studio di sé e dei modi di ricongiungersi al Sé
Isvara Pranidhana
abbandono al divino
per approfondire:
patanjali: yoga sutra
sivananda: la disciplina yogica
upanisad: yama e niyama
venerdì 7 ottobre 2011
Aimsha, la pratica yogica della nonviolenza
C’è un ordine deliberato nelle cinque parti o arti della pratica dello yama (autocontrollo). Ahimsa (nonviolenza) è la prima, perché l’uomo deve rimuovere la sua natura brutale per prima. Per prima cosa deve diventare non violento, e deve sviluppare amore per tutti gli esseri. Solo allora sarà idoneo per la pratica dello yoga.
Ahimsa non è solo non uccidere, come alcuni pensano. Ahimsa è perfetta innocuità e amore positivo. E’ astenersi anche dal minimo pensiero di arrecare danno a un altro essere vivente – mentalmente, verbalmente o con i fatti. Non ci sono scuse né eccezioni alla regola. Parole dure ai mendicanti, ai servi o agli inferiori sono himsa (crudeltà). Non alleviare il dolore o i problemi di un altro è himsa negativo. Approvare le azioni violente di altri è contrario all’ahimsa. Si eviti rigorosamente ogni forma di durezza, diretta o indiretta, positiva o negativa, immediata o differita. Chi pratica ahimsa nella sua forma più pura, o Saumya, diventa divino. Ahimsa e divinità sono la stessa cosa.
Sivananda
Se tutti lavorassero per il proprio pane e niente più, ci sarebbe abbastanza cibo e tempo libero per tutti... i nostri bisogni si ridurrebbero al minimo, il nostro cibo si semplificherebbe. Allora mangeremmo per vivere, anziché vivere per mangiare.
Gandhi
Parlare di nonviolenza e schierarsi dalla parte di chi aderisce ai suoi principi è senza dubbio impegnativo. Essere nonviolenti ed affrontare coerentemente il quotidiano e le relazioni con gli altri esseri viventi che ci circondano, significa condurre una vita molto responsabile ed equilibrata. Nella società di oggi, inorridire di fronte a scene di violenza brutale, a testimonianze di genocidio, alla coercizione, alla prepotenza, all’arroganza, alle prevaricazioni, è una propensione sempre meno diffusa che merita certo un plauso, ma non è sufficiente. Affinché la nonviolenza si possa affermare ad ogni livello, è necessario innanzitutto diffonderne la cultura perché, in caso contrario, discriminare tra ciò che è violenza e ciò che non lo è rimane un puro esercizio speculativo, influenzato dalla relatività dei vari punti di vista.
Nella cultura vedica la pratica della nonviolenza si chiama Ahimsa ed è considerata un pilastro della salute psicologica della società umana. Ahimsa è il non distruggere, il non infliggere dolore o lesioni ad altri, in pensieri, parole ed opere. E' virtualmente impossibile escludere totalmente la violenza dalla nostra vita, perché malgrado tutto molte delle attività essenziali come mangiare, respirare o camminare causano involontariamente morte e sofferenza ad altri esseri viventi. Esiste però una linea neppure troppo sottile che divide la violenza inevitabile, legata alla mera sopravvivenza, da quella gratuita, inflitta per soddisfare i propri pruriti, come l'abbattimento di animali per cibarsene o per trasformare la loro pelle in eleganti capi di abbigliamento. Ahimsa è anche l'esercizio di astinenza da pensieri violenti e dall'impiegare ciò che è in nostro potere per assoggettare il prossimo secondo i nostri desideri egoistici.
Perché Ahimsa alberghi realmente nel cuore è necessario introdurre nella nostra vita un corollario di principi pratici che la sostengano. La veridicità, o satya, non è solo evitare la menzogna, ma nel suo significato più compiuto è la coerenza tra pensieri espressi, parole proferite ed attività svolte. Asteya, ovvero non rubare, riguarda oggetti, ma anche parole e pensieri altrui. La purezza, o brahmacarya, significa evitare che la lussuria ci guidi e si impossessi della nostra esistenza. Non accumulare più del necessario, o aparigraha, insegna a condividere quello che possediamo con gli altri, che si tratti di oggetti o riflessioni. E' necessario leggere queste regole in chiave positiva, pensando alla nonviolenza come ad un atto di beneficenza e di amore verso tutti gli esseri viventi.
Si pensi alla veridicità come ad una parola giusta e misurata da offrire al prossimo al momento giusto, alla purezza di pensiero ed azioni come ad una forza positiva in grado di trainare il mondo verso il bene comune, alla mancanza di avidità come ad una cura per riequilibrare il mondo. Questi comportamenti individuali volontari per il benessere collettivo, sono affiancati da semplici regole che toccano la sfera personale, come ad esempio la pulizia quotidiana del corpo, che si allarga all'evitare il consumo di sostanze nocive quali fumo, alcool, droghe e alimenti che richiedono l'esercizio della violenza. La pulizia della mente viene coltivata tra l'altro scegliendo con attenzione ciò che si legge, si guarda e che si ascolta. Un'altra proposta è quella di coltivare la virtù di accontentarsi della propria situazione, senza sprofondare nel fatalismo o nella rassegnazione, prendendo coscienza che ciò che sperimentiamo oggi dipende dalle nostre azioni passate e che il presente ci consente di costruire un futuro luminoso. Maggiore austerità e rigore rischiarano la mente, rafforzano la determinazione e permettono di trovare un equilibrio migliore tra necessità reali e desideri indotti. La cultura del tutto e subito è causa crescente di malessere, di scompensi psicologici ed alimenta la prevaricazione, la prepotenza e la strumentalizzazione del prossimo. Il gusto ritrovato per la meditazione, lo studio e la lettura dei testi sacri possono controbilanciare la spinta opprimente del materialismo e del consumismo che ci circonda.
La cornice, il collante, la confluenza di ogni regola, il rifugio e lo scrigno dove attingere i valori fin qui descritti è l'isvara pranidhana, l’abbandono a Dio. Non viene contemplata una sottomissione coercitiva o un servilismo utilitaristico basato su reciprochi favori, ma uno scambio d’amore e d’affetto sincero tra Dio ed l'essere umano, costruito su basi filosofiche granitiche e nutrito da una pratica costante e ininterrotta. La cultura della nonviolenza trasforma la nostra consapevolezza, elevandola da un piano sentimentale e opportunista ad una visione allargata, concreta ed efficace. Ad ogni uomo o donna che trasforma la propria coscienza è offerto anche lo straordinario potere di influenzare virtuosamente quella degli altri.
Guardandoci intorno e sfogliando le pagine della storia, possiamo osservare le gesta dei grandi della pace, scoprendo che la loro più grande impresa è stata quella di cambiare se stessi. Potremo cambiare il mondo solo cambiando i nostri cuori e diffondendo la cultura della nonviolenza con il nostro esempio personale e con l’unica arma lecita, quella dell’amore universale.
Hare Krsna.
Parabhakti das
sabato 1 ottobre 2011
sivananda, quarta lezione: la dieta yogica
Una dieta che conduca alla pratica dello Yoga e al progresso spirituale è chiamata dieta Yogica. La dieta ha una connessione intima con la mente. La mente si forma dalla parte più sottile del cibo. Il Saggio Uddalaka così istruisce suo figlio Svetaketu: “Il cibo, quando consumato diventa di tre tipi: la parte grossolana diviene escrementi, quella intermedia carne e quella più fine la mente. Figlio mio, quando il latte irrancidito è frullato, le sue particelle più fini affiorano per formare il burro. Così, figlio mio, quando il cibo è consumato, le sue particelle sottili che affiorano formano la mente. Pertanto in verità la mente è cibo”.
Nella Chandogya Upanishad troverai: “Per la purezza del cibo uno purifica la propria natura interiore; attraverso la purificazione della propria natura interiore si acquisisce certamente la memoria del Sé, e tramite l’ottenimento della memoria del Sé, tutti i legami e gli attaccamenti vengono recisi”.
La dieta è di tre tipi; esiste la dieta Sattvica, la dieta Rajasica e la dieta Tamasica. Latte, farina, legumi, cereali, burro, formaggio, patate, miele, datteri, frutta, mandorle e zucchero candito sono tutti alimenti Sattvici. Rendono la mente pura e calma.
Pesce, uova, carne, sale, chilli e asafetida sono articoli Rajasici. Eccitano la passione.
Carne, vino, aglio, cipolla e tabacco sono articoli Tamasici. Riempiono la mente di rabbia, tenebre ed inerzia.
Il Signore Krishna dice ad Arjuna: “Il cibo che è caro a ciascuno è di tre tipi. Ascolta le distinzioni tra di essi. Gli Alimenti che aumentano la vitalità, l’energia, il vigore, la salute e la gioia, e che sono deliziosi, delicati, sostanziosi e appetitosi sono cari al puro. Il passionale desidera cibi che sono amari, aspri, salati, eccessivamente piccanti, pungenti, asciutti e brucianti e che producono dolore, sofferenza e malattia. Il cibo stantio, sciapo, putrido e andato a male, i resti e le cose impure sono cari al Tamasico (Bhagavad-Gita VII-8, 9, 10).
Il cibo gioca un ruolo importante nella meditazione. Cibi diversi producono diversi effetti su differenti compartimenti del cervello. Ai fini della meditazione il cibo dovrebbe essere leggero, nutriente e Sattvico. Latte, frutta, mandorle, burro, zucchero candito, lenticchie verdi, lenticchie Bengali lasciate in ammollo per una notte, pane, sono tutti di grande aiuto nella meditazione. La Thed (un tipo di radice abbondantemente disponibile nelle regioni Himalayane) è molto Sattvica. Lo zucchero e il tè dovrebbero essere usati con moderazione. E’ meglio, se puoi rinunciarvi completamente. La polvere di zenzero può essere mescolata al latte e assunta frequentemente. Gli Yogi indiani amano molto questa bevanda. Un principiante deve essere molto attento nello scegliere alimenti di natura Sattvica.
Il cibo è di quattro tipi. Ci sono liquidi che sono bevuti, solidi che sono polverizzati dai denti e mangiati, ci sono semi-solidi che sono assimilati leccandoli e ci sono generi alimentari soffici che sono ingoiati senza essere masticati. Tutti gli alimenti dovrebbero essere completamente masticati nella bocca fino ad essere ridotti a liquidi prima di essere ingoiati. Solo allora possono essere prontamente digeriti, assorbiti ed assimilati dal sistema. La dieta dovrebbe essere tale da consentire di mantenere l’efficienza fisica e la buona salute. Il benessere dell’individuo dipende da una perfetta alimentazione più di qualsiasi altra cosa. Vari tipi di malattie intestinali, aumentata suscettibilità alle malattie infettive, carenza di vitalità e di potere di resistenza, rachitismo, scorbuto, anemia o povertà del sangue, sono dovute a un’alimentazione errata.
Colui che assume una dieta moderata, che ha regolato la sua dieta, può diventare uno Yogi, non altri. Questa è la ragione per la quale il Signore Krishna dice: “ Veramente lo Yoga non è per colui che mangia troppo, né per colui che si astiene dal cibo all’eccesso, non è per colui che dorme troppo, né per colui che è sempre desto, O Arjuna! Lo Yoga estingue ogni dolore per colui che è regolato nel mangiare e nel divertirsi, regolato nell’agire, regolato nel dormire e nevegliare.”(Bhagavad-Gita VI-16-17). Perciò mangia del cibo che sia gradevole e dolce fino a riempire metà dello stomaco; riempi un quarto dello stomaco con acqua e lascia il rimanente quarto vuoto per l’espansione dei gas. Offri l’atto di mangiare al Signore. Questa è la dieta moderata. Tutti gli alimenti putridi, stantii, decomposti, sporchi, cotti due volte, vecchi di un giorno, dovrebbero essere abbandonati. La dieta dovrebbe essere fresca, semplice, leggera, dal sapore delicato, salubre, facilmente digeribile e nutriente.
Nella Shiva Samitha è scritto: “Lo Yoga non dovrebbe essere praticato immediatamente dopo un pasto, nemmeno se si è molto affamati; prima di iniziare la pratica del latte e burro possono essere assunti”.
Nella Yoga Tattva Upanishad troverai: “L’esperto nello Yoga dovrebbe abbandonare gli elementi di ostacolo alla pratica. Dovrebbe rinunciare a sale, mostarda, alimenti acidi, piccanti, pungenti o mari, assafetida. Nei periodi iniziali della pratica è prescritto cibo a base di latte e ghi, insieme a cibo ottenuto dalla farina, germogli e riso rosso; si dice che questa dieta favorisca il progresso. Dopo, l’aspirante diviene capace di trattenere il respiro quanto vuole. Tramite questa ritenzione del respiro a volontà, Kevala-Kumbhaka (cessazione del respiro senza inalazione né esalazione) è ottenuta. Per colui che ha ottenuto Kevala-Kumbhaka, e si è così liberato dall’inalazione e dall’esalazione non vi è più nulla di irraggiungibile nei tre mondi”.
Nella Bhikshuka Upanishad troverai : “Paramahamsa come Samavartaka, Aruni, Svetaketu, Jada Bharata, Dattatreya, Suka, Vamadeva, Haritaki e altri, mangiavano otto bocconi e si sforzavano di raggiungere Moksha unicamente tramite il cammino dello Yoga”.
Sii naturale e semplice nel mangiare e nel bere. Puoi dedicare più tempo alle pratiche Yoga. Uno studente Yogico che spende il suo tempo completamente in pura meditazione necessita di pochissimo cibo. Una misura, una misura e mezza di latte al giorno e della frutta saranno sufficienti. Ma uno Yogi che svolge lavoro attivo e vigoroso necessita di abbondante cibo nutriente.
La dieta vegetariana è stata acclamata come la più adatta all’avanzamento spirituale e psichico. E’ stato scoperto che la carne aumenta le passioni animali e diminuisce le capacità intellettuali. Mentre è vero che le nazioni mangiatrici di carne sono fisicamente attive e forti, altrettanto non si può dire dei loro progressi spirituali. La carne non è per niente necessaria per mantenere salute perfetta, vigore e vitalità. Al contrario è altamente deleteria per la salute. Porta con sé una schiera di malattie come i vermi intestinali e malattie renali.
Uccidere animali per ottenerne cibo è un grande peccato. Anziché uccidere l’egoismo e l’idea di “mio”, persone ignoranti uccidono animali innocenti sotto il pretesto del sacrificio, ma in realtà mirano ad appagare la loro propria lingua o palato. Che orribili crimini disumani vengono commessi nel nome di Dio e della Religione!
Ahimsa (non violenza) è la prima virtù che un aspirante spirituale dovrebbe cercare di possedere. Si dovrebbe riverire la vita. Il Signore Gesù disse: “Benedetti sono i misericordiosi, perchè otterranno misericordia.” Mahavira ha gridato, con voce simile a una tromba:”Tratta ogni essere vivente come te stesso e non fare del male a nessuno.”
La legge del Karma è inesorabile, inflessibile, immutabile. Il dolore che infliggi a qualcun’altro rimbalzerà sicuramente su di te e la felicità che irradi tornerà indietro aumentando la tua felicità. Colui che conosce questa legge non ferirà nessuno.
La carne ha una influenza diretta sui diversi compartimenti del cervello. Il primo e più importante passo nell’avanzamento spirituale di un aspirante è la rinuncia alla carne. La Luce Divina non discenderà, se lo stomaco è carico di carne. Nelle nazioni forti mangiatrici di carne la mortalità per cancro è molto alta; i Vegetariani si mantengono in buona salute fino all’età anziana.
Pitagora sembra protestare amaramente quando dice: “Attenti, o mortali, dall’insozzare i vostri corpi con cibo peccaminoso. Vi sono cereali, vi sono frutti che piegano i loro rami dal loro peso, e lussureggiante uva sulle viti. Vi sono dolci vegetali ed erbe che il fuoco può rendere gradevoli e soffici. Né ti sono negati latte, né miele, fragranza dell’aroma del fiore di timo. La terra prosperosa ti offre un abbondanza di cibo puro e fornisce pasti ottenibili senza il massacro e lo spargimento di sangue”.
Digiunare è proibito ai praticanti dello Yoga perchè produce debolezza. Ma un digiuno moderato occasionale è altamente benefico. Questo ripara il sistema interamente, dà pace allo stomaco e agli intestini ed elimina l’acido urico. Gli studenti Yoga possono prendere un pasto intero alle 11, una tazza di latte caldo al mattino e mezza misura di latte o un pò di banane cotte (o arance o mele) alla sera con gran vantaggio. Il pasto notturno dovrebbe essere molto leggero. Se lo stomaco è sovraccaricato, sopravverrà il sonno e poiché troppo sonno è dannoso alle pratiche Yogiche non è possibile fare alcun reale progresso nel cammino dello Yoga. Perciò una dieta che consiste di solo latte e frutta è uno splendido menù per tutti i praticanti.
Bolli mezza misura di latte insieme a del riso bollito, ghi e zucchero. Questo è chiamato Charu. E’ un cibo eccellente per i praticanti dello Yoga. Questo è per cena. Mezza misura di latte e qualche frutto saranno sufficienti per la notte. Prova questa prescrizione e dimmi dei benefici che ne hai tratto nella tua Sadhana. Il latte non dovrebbe essere bollito troppo. Dovrebbe essere rimosso dal fuoco nel momento in cui il punto di bollitura è raggiunto. L’eccessiva bollitura distrugge tutti i principi nutrienti e le vitamine e rende il latte non adatto al consumo. Il latte è un cibo ideale per gli aspiranti. E’ un alimento perfetto in se.
La dieta a base di frutta esercita una meravigliosa influenza sulla costituzione. E’ una dieta naturale. I frutti sono tremendi produttori di energia. Frutta e latte aiutano la concentrazione e la meditazione. Il grano, la farina. il latte. il ghi e il miele producono longevità della vita e aumentano la potenza, i succhi di frutta e l’acqua in cui lo zucchero candito è disciolto sono bevande veramente buone. Il burro misto allo zucchero candito e le mandorle lasciate in ammollo per la notte raffredderanno il sistema.
Conduci una vita semplice e naturale. Assumi cibo semplice, che sia perfettamente compatibile al tuo sistema. Dovresti avere il tuo menù personale, adatto alla tua costituzione. Tu stesso sei il giudice perfetto per selezionare una dieta Sattvica. In materia di cibo e bevande farai bene a mangiare e a bere come un maestro. Non dovresti provare il minimo desiderio per nessuna dieta particolare. Non dovresti diventare uno schiavo di questo cibo o di quel cibo. Cibi e bevande semplici, naturali, non-stimolanti, che costruiscono i tessuti, che producono energia, manterranno la mente calma e pura e aiuteranno lo studente di Yoga nelle sue pratiche e nel raggiungimento dell’obiettivo della vita.
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martedì 27 settembre 2011
Navratri, la festa della dea Durga e della vittoria sul male
La Durga Puja o Navratri è la festività indiana più lunga: nove notti consecutive, che culminano con la celebrazione finale chiamata Dussehra, o Dasara. La festa si celebra durante la luna nuova del mese di Ashwin (settembre/ottobre).
Con Navratri si celebra la vittoria del bene sul male, rappresentata dalla vittoria della Dea Durga sul demone Mahishasura.
La festività dura nove giorni in onore delle nove manifestazioni di Durga; la divisione di Navaratri in serie di tre giorni dedicati ai differenti aspetti della Dea scandisce anche il percorso yogico da Jiva (individualità) a Shiva (realizzazione divina).
I primi tre giorni - dedicati a Kali, dea della distruzione e della ri/creazione, che protegge la sadhana degli yogi dalle distrazioni e dai numerosi ostacoli - sono un periodo di purificazione per abbandonare tutto ciò che non serve nel percorso.
I tre giorni successivi sono dedicati a Lakshmi, Dea della prosperità, che elargisce una ricchezza divina inesauribile, l’amore, la bontà, la devozione, la pazienza, la costanza, la carità.
Gli ultimi tre giorni sono dedicati a Sarasvati, Dea della saggezza, della conoscenza e delle arti, che guida nella conoscenza del Supremo e dona la conoscenza totale del Sé; il decimo giorno – Vijaya Dashami – rappresenta il risveglio dell’individuo alla realizzazione del Sé.
Ogni giorno di Navratri onora un aspetto particolare della Madre Divina e orienta l’energia della giornata:
1° giorno: Shailaputri – Figlia dell’Himalaya, sposa di Shiva.
2° giorno: Brahmacharini – Colei che pratica la continenza dei sensi, personifica l’amore e l’onestà.
3° giorno: Chandraghanta – Colei che é bella come la luna, personifica la beatitudine suprema e la conoscenza.
4° giorno: Kushmanda – Colei che ha creato l’universo e porta la bontà sopprimendo il dolore.
5° giorno: Skandamata – Madre di Skanda, che lotta contro il male.
6° giorno: Katyayani – Figlia dei saggio Katyayana, colei che esaudisce i desideri.
7° giorno: Kalaratri – Colei che è nera come la notte, distrugge le tenebre e l'ignoranza, sopprime gli ostacoli e la paura.
8° giorno: Mahagauri – La Dea Bianca, colei che purifica.
9° giorno: Siddhidatri – Colei che porta alla conoscenza e dona grandi poteri spirituali.
mahishaasura mardhini: canto per la vittoria di Durga
mercoledì 21 settembre 2011
sivananda, terza lezione: disciplina yogica
Lo Yoga è radicato nella virtù. La disciplina etica è indispensabile per il successo nello Yoga. Disciplina etica significa adottare la giusta condotta di vita. Le due colonne portanti morali dello Yoga sono Yama e Niyama, che l’aspirante deve praticare nella sua vita quotidiana. Essi corrispondono approssimativamente ai dieci comandamenti del Signore Gesù o al nobile ottuplice cammino del Signore Buddha.
Non violenza (Ahimsa), verità (Satyam), non rubare (Asteya), continenza (Brahmacharya) e non bramosia (Aparigraha) sono le parti che compongono Yama.
Purificazione interiore ed esteriore (Saucha), accontentamento (Santosha), austerità (Tapas), studio di libri religiosi e filosofici (Svadhyaya) e resa al Signore (Isvara Pranidhana) rientrano in Niyama. La pratica di Yama e Niyama sradicherà tutte le impurità della mente. In verità, Yama e Niyama sono le pietre miliari della filosofia Yoga.
Tra tutte le virtù la posizione di preminenza è data all’astenersi dal provocare sofferenza nei confronti di ogni essere vivente (Ahimsa). Dev’esserci non violenza in pensieri, parole ed azioni. La non violenza è messa per prima perché è la fonte delle successive nove. La pratica dell’amore universale o della fratellanza tra gli uomini non è altro che non violenza messa in pratica. Colui che pratica la non violenza otterrà rapidi successi nello Yoga. Il praticante deve abbandonare perfino le parole dure e gli sguardi non gentili. Deve mostrare benevolenza e amicizia verso tutti. Deve rispettare la vita. Deve ricordare che il Sé comune dimora nel cuore di tutti gli esseri.
La verità (Satyam) viene subito dopo, nell’ordine degli Yama. Il pensiero deve rispecchiare la parola, e la parola l’azione. Questa è verità. Queste virtù sono alla portata soltanto delle persone non egoiste. La verità può a mala pena emergere, a meno che non vi sia un motivo puro dietro ogni azione. Le parole di uno Yogi devono essere una benedizione per gli altri.
Quindi viene il non rubare (Asteya). Devi essere soddisfatto con quello che ottieni tramite mezzi onesti. La legge del Karma è inesorabile. Dovrai soffrire per ogni tua azione sbagliata. Azione e reazione sono eguali e opposte. Ammassare ricchezze è vero furto. L’intera ricchezza di tutti e tre i mondi appartiene al Signore. Sei soltanto un custode della sua ricchezza. Devi dividere volontariamente ciò che hai con tutti e donarlo in carità.
La quarta virtù è la pratica della continenza; quella porzione dell’energia umana che è espressa nell’unione sessuale, quando controllata, viene trasmutata in una speciale forma di energia spirituale chiamata Ojas-Sakti, ed è accumulata nel cervello. Se pratichi lo Yoga ed allo stesso tempo conduci una vita impura, voluttuosa e immoderata, come puoi aspettarti progressi nello Yoga? Tutti i grandi giganti spirituali del mondo hanno praticato la continenza; e questa è la ragione per cui potevano scuotere ed elettrizzare il mondo intero tramite il potere della speciale energia spirituale che avevano accumulato Brahmachrya è il substrato per una vita nell’Atman, contribuisce alla gioia perenne e all’ininterrotta beatitudine che non può mai decadere. Conferisce energia tremenda, mente chiara, gigante forza di volontà, fiera comprensione, memoria ritentiva e potere di inquisizione (Vichara Sakti). Ciò che si vuole è controllo e non la soppressione del desiderio sessuale.
Uno studente Yogico dovrebbe astenersi dalla cupidigia. Non dovrebbe ricevere regali lussuosi da nessuno. I doni influenzano la mente di chi li riceve. Queste cinque virtù devono essere praticate in pensieri, parole e azioni, perché non sono semplicemente restrizioni ma veri cambiamenti del carattere, che implicano purezza e forza interiore.
Oltre a queste, l’aspirante Yogi dovrebbe anche praticare alcune altre virtù quali: la pulizia del corpo e della mente, l’accontentamento, l’austerità, lo studio di libri religiosi e filosofici e la resa al volere di Dio.
Accontentamento non significa soddisfazione, ma volontà di accettare le cose come sono e di viverle al meglio.
Austerità come i digiuni occasionali e l’osservanza del silenzio aumentano il potere di tolleranza. Resa al volere di Dio è il considerare ogni lavoro come quello del Signore Supremo, rinunciando a ogni pretesa verso i suoi frutti.
Lo studio dei libri religiosi riempie la mente di pietà e di purezza. Una tal rigorosa disciplina etica porta una sensazione di libertà e di elevazione morale. Quando sei sufficientemente avanzato nelle pratiche sopra menzionate, puoi affrontare ogni tentazione chiamando in aiuto puri e pacificanti pensieri.
Due cose sono necessarie per ottenere il successo nel controllo mentale: pratica (Abhyasa) e distacco (Vairagya). Devi sforzarti al livello estremo delle tue forze di liberarti da tutti i desideri verso ogni piacere, visto o non visto; questo distacco può essere ottenuto tramite la percezione costante dei mali che vi si trovano. Il distacco è la rinuncia all’ottenimento. Convincendosi dell’illusorietà degli oggetti dei sensi tramite un indagine sulla loro natura e coltivando indifferenza verso gli oggetti mondani, la mente può essere controllata e riportata al Sé per dimorarvi finalmente. In virtù di questa pratica dello Yoga, la mente dello Yogi raggiunge la pace nel Sé. La pratica consiste nella costante ripetizione della stessa idea o pensiero a proposito di qualsiasi oggetto. Tramite la riflessione costante e l’esercizio della forza di volontà, si dovrebbero dare impressioni alla mente subconscia di non cercare piaceri nel mutevole mondo fuori, ma in quello immutabile dentro. Dovresti esercitare la massima vigilanza per afferrare le opportunità, quando la mente si sofferma sugli oggetti dei sensi, per suggerirle nuovi significati ed interpretazioni e farle così cambiare la sua attitudine nei loro confronti in vista della sua definitiva ritirata da essi. Questo è chiamato pratica. La caratteristica principale della mente nello stato di veglia è di avere qualche oggetto su cui soffermarsi. Non può mai rimanere bianca. Può concentrarsi su un oggetto alla volta. Cambia costantemente i suoi obiettivi e così è agitata. E’ impetuosa, forte e difficile da piegare. E’ difficile da piegare tanto quanto il vento. Questo è il motivo per cui Maharishi Patanjali dice che la pratica deve essere stabile e continua e che si deve estendere lungo un considerevole arco di tempo, e che deve essere intrapresa con fede perfetta nei suoi rigeneranti e elevanti poteri. Non devi mostrare alcun sintomo di pigrizia in nessuno stadio della pratica. Il controllo non viene in un giorno ma nel corso di una lunga e continua pratica sostenuta da zelo ed entusiasmo. Il progresso nello Yoga può essere solo graduale. Nonostante lo sforzo o la pratica siano dolorosi all’inizio, essi porteranno Suprema Gioia alla fine. Il Signore Krishna dice ad Arjuna: “La Suprema Gioia appartiene a questo Yogi, la cui mente è calma, la cui natura passionale è controllata, che è senza macchia, e che è della natura dell’eterno.” (Bhagavad-Gita: Ch. VI-27). Controlla i tuoi sensi. Calma la mente. Arresta il ribollire dei pensieri. Fissa la mente nel loto del cuore. Concentrati. Medita. Realizzalo intuitivamente in questo stesso secondo e godi la Beatitudine del Sé. Abbi ferma e incrollabile fede nell’esistenza di Dio, il supremo, immortale, Principio intelligente o Essenza o Substrato che esiste nei tre periodi del tempo - passato, presente e futuro. Egli non possiede inizio, mezzo né fine. Egli è Sat-Chit-Ananda (Assoluta Esistenza, Assoluta Conoscenza, Assoluta Beatitudine).
Il desiderio nasce dall’ignoranza (Avidya). L’attaccamento, l’anelare e il preferire sono i componenti del desiderio. Non adoperarti per esaudire i desideri. Fai del tuo meglio per cercare di ridurre i tuoi desideri. Ritira il carburante della gratificazione. Allora il fuoco del desiderio si estinguerà da sé. Proprio come la lampada senza ghi si spegne quando il ghi non vi viene più riversato, così il fuoco del desiderio morirà quando il carburante della gratificazione non vi verrà più riversato. Se l’attaccamento è sradicato, allora l’anelito e la preferenza verso gli oggetti moriranno da sé. E’ molto difficile divenire assolutamente privi di desideri. Soltanto un saggio liberato o uno Yogi pienamente sviluppato è completamente libero dalle tracce del desiderio, perchè ha completamente annichilito la mente e gode della Beatitudine suprema del Sè interiore. Come può sorgere il desiderio in colui che è immerso nell’oceano di Beatitudine Divina? Un neofita sul sentiero spirituale dovrebbe intrattenere nobili desideri. Dovrebbe impegnarsi in azioni virtuose e sviluppare un desiderio intenso di liberazione. Al fine di raggiungere il suo scopo dovrebbe studiare le Sacre Scritture regolarmente e sistematicamente. Dovrebbe mettersi in condizione di godere della compagnia dei saggi. Dovrebbe praticare la giusta condotta, il giusto pensiero, il giusto parlare e la giusta azione. Dovrebbe regolarmente praticare la meditazione. Poco a poco tutti i vecchi viziosi desideri e gli aneliti sensuali e le propensità malvagie svaniranno. O Saumya! Conduci una vita di puro accontentamento. L’accontentamento è la beatitudine della vita. La fresca acqua nettarea dell’accontentamento estinguerà velocemente il fuoco del desiderio.
Sii persistente e metodico nella tua sadhana. Tutte le miserie si scioglieranno via presto. Brillerai come un glorioso jivanmukta nella più elevata realizzazione. Tutte le sensazioni di separazione, distinzione, dualità e differenza svaniranno dalla tua vista. Sentirai unione e unità ovunque. Sentirai che non esiste nient’altro che Brahman o Dio. Con quale magnanima visione sei benedetto. Quale stato esaltato, quale sublime, stupenda, elevante esperienza sarà tua! Questo stato è indescrivibile. Ne devi fare esperienza tramite diretta percezione interiore. Pratica giornalmente l’introspezione ed esamina i vari angoli e anfratti del tuo cuore. Coloro che hanno un puro, sottile, intelletto, che ricordano Dio sempre, che sono assetati della comunione con Lui, che praticano giornalmente l’introspezione, l’autoanalisi e la meditazione, saranno capaci di individuare la presenza di desideri in agguato, non altri. Colui che ha abbandonato ogni desiderio, che è libero da ogni aspettativa, giunge a infinita pace. Egli gode della suprema felicità. Meno sono i desideri, maggiore è la felicità. Quello Yogi senza desideri che vaga per il mondo con solo un perizoma e una coperta è l’uomo più felice nei tre mondi. L’egoismo è un attributo negativo della mente inferiore. E’ una modificazione del desiderio che emerge in una mente piena di passione. E’ il primogenito dell’ignoranza o della non discriminazione. E’ il più grande ostacolo nel cammino dello Yoga. E’ il calvario della vita. Contrae il cuore all’infinito e identifica l’idea di separazione dagli altri. L’egoismo va mano nella mano con l’ipocrisia, la vanità, la miseria, l’imbroglio, la disonestà e l’orgoglio. Come eradicare questo egoismo? La risposta è piuttosto semplice. Servizio disinteressato in una forma o nell’altra, coltivare le qualità delle virtù opposte quali nobiltà, magnanimità, essere disinteressati, integrità, generosità, natura caritatevole, pietà e amore universale; tutte queste lastricheranno una lunga via nell’eradicazione della malattia critica, il nemico mortale della pace e dello Yoga. Il positivo è più potente del negativo. Questo è un detto infallibile nello Yoga. Per riassumere i fondamentali requisiti per la pratica dello Yoga: dovresti essere assolutamente senza paura, avere cura di ogni creatura che respira, rispetto per la verità, continenza, dovresti non essere avido, vivere una vita di accontentamento, austerità, senza rabbia né ipocrisia. L’eccellenza morale non è l’obiettivo finale della vita ma è solo un mezzo per quel fine. Quando uno Yogi è stabilito in queste virtù, ottiene alcuni poteri come l’efficacia della parola, l’arrivo non ricercato di ricchezze, il vigore nel corpo e nella mente, la partecipazione chiara e lucida agli eventi della vita, chiarezza di pensiero, fermezza dell’attenzione, controllo dei sensi, gioia immensa ed intuizione.
Osserva il voto del silenzio. Mantieni la mente pienamente occupata. Siedi nella tua Asana preferita e pratica regolarmente meditazione. Canta i Nomi del Signore. Gira i grani (del rosario). Studia le scritture. Pratica la continenza e sii moderato nell’atto sessuale. Prendi mandorle e zucchero candito tutti i giorni.Lascia in ammollo dieci-dodici mandorle per una notte. Il giorno dopo pelale e mangiale insieme allo zucchero candito. Non consultare i dottori. Allontana la mente dal corpo. Sii sempre allegro. Sorridi, fischietta, ridi, danza in gioia e in estasi. Pensa a Dio e medita su di Lui con vera devozione e sentimento e immergiti in Lui. Questo l’obiettivo della vita. Lo hai raggiunto dopo una lunga e continuata lotta durata alcuni anni con zelo ed entusiasmo. Sei diventato un Jivanmukta.
giovedì 15 settembre 2011
sivananda, seconda lezione: yoga sadhana
Sadhana significa: qualsiasi pratica spirituale che aiuti l’aspirante a realizzare Dio. E’ un mezzo per raggiungere il fine della vita. Senza Sadhana nessuno può raggiungere questo fine. La Sadhana varia secondo le attitudini, il temperamento e le capacità individuali. Puoi realizzare lo scopo della vita tramite quattro diversi sentieri, che conducono allo stesso obiettivo, cioè al raggiungimento della Realtà Ultima. Le strade sono diverse ma la destinazione è la stessa. Il Signore Krishna dice ad Arjuna: “In qualunque modo Mi si avvicini, in quello stesso modo io ricompenso, perché il cammino che si intraprende da ogni direzione, o Partha, è Mio.”
I quattro cammini sono Karma-Yoga, Bhakti-Yoga, Raja-Yoga e Jnana-Yoga. Questa non è una divisione rigida. Non esiste una linea di demarcazione tra l’una e l’altra. Un cammino non esclude l’altro. Ogni cammino si fonde negli altri. In ultimo, tutti convergono e diventano uno.
Due sono i requisiti indispensabili nella pratica del Karma Yoga. Un Karma Yogi dovrebbe avere estremo non-attaccamento per i frutti del suo lavoro e secondo, dovrebbe dedicare tutte le sue azioni all’altare di Dio con il sentimento di Isvarapranidhana (resa al Signore). Il non attaccamento porta libertà e immortalità. Attaccamento è morte. Non attaccamento è vita eterna. Il non attaccamento rende un uomo assolutamente impavido. Quando così consacri tutte le tue azioni a Dio, svilupperai naturalmente devozione verso di Lui, e più grande è la devozione più vicino sei al Signore. Lentamente comincerai ad avvertire che Dio lavora direttamente attraverso il tuo corpo e i tuoi sensi. Adesso non farai più fatica nel compiere il tuo lavoro. Il pesante fardello che sentivi precedentemente a causa del tuo falso egoismo è adesso scomparso dalla vista, per non tornare mai più. La dottrina del Karma Yoga forma una parte integrale del Vedanta. Espone il rebus della vita e l’enigma dell’universo. Porta sollievo, soddisfazione e felicità a tutti. Ogni tuo pensiero ed ogni tua azione generano in te delle tendenze che influenzeranno la tua vita attuale e futura. Se compi buone azioni in uno spirito disinteressato ti librerai alto in regioni di pace e beatitudine. Karma Yoga distrugge l’orgoglio, l’egoismo e l’egocentrismo. Aiuta la crescita e l’evoluzione. Il più grande servizio che uno può rendere all’altro è impartire la Conoscenza del Sé. L’aiuto spirituale è il più alto di tutti. La causa alla radice di ogni sofferenza è unicamente l’ignoranza (Avidya). Taglia il nodo dell’ignoranza e bevi la dolce Beatitudine Nirvanica. Quel saggio che prova a rimuovere l’ignoranza degli uomini è il più grande benefattore nel mondo.
Bhakti-Yoga è il cammino della devozione ovvero dell’amore; ascoltare il Nome del Signore, cantare le Sue Glorie, ricordare la Sua presenza, servire i Suoi Piedi di Loto, adorarLo, prostrarsi di fronte a Lui, prendersi cura di Lui, amarLo come un Amico, e abbandonare sé stessi interamente a Lui rappresentano i nove metodi della devozione. Il devoto praticherà austerità, pregerà con frequenza Dio e gli offrirà adorazione mentale. Il devoto servirà il suo prossimo realizzando che il Signore risiede nel cuore di Tutti. Questa è la Sadhana per coloro che desiderano calcare il cammino dello Yoga della devozione. Non esiste potenza superiore all’amore. Puoi vincere i cuori degli altri unicamente tramite l’amore. Puoi vincere i tuoi nemici tramite il solo amore. Puoi domare animali selvaggi unicamente tramite l’amore. La gloria dell’amore è ineffabile. Il suo splendore è indescrivibile. Il potere dell’amore è inimmaginabile. La vera religione non consiste in osservanze rituali, abluzioni e pellegrinaggi ma nell’amare tutti. L’Amore Cosmico include tutto, abbraccia tutto. Alla presenza del puro amore tutte le distinzioni e le differenze, ogni odio, gelosia ed egoismo sono dispersi come le tenebre sono disperse dai raggi penetranti del sole mattutino. Non esiste religione più elevata dell’Amore. Non esiste conoscenza più elevata dell’Amore. Non esiste tesoro più elevato dell’Amore, perchè l’Amore è Verità, l’Amore è Dio. Questo mondo è sorto dall’Amore, esiste nell’Amore, e in ultimo si dissolverà nell’Amore. Un cuore senza amore è un deserto senza acqua. Dio è un oceano di Amore.
Lo studente che percorre il cammino del Raja-Yoga deve ascendere la Scala Spirituale passo dopo passo, stadio dopo stadio. Esistono otto gradini nel Raja Yoga; Yama, Niyama, Asana, Pranayama, Pratyahara, Dharana, Dhyana e Samadhi. Praticando Yama e Niyama all’inizio lo studente ottiene un addestramento etico e la purificazione della mente. Sviluppando l’amicizia, la misericordia e la compiacenza distrugge l’odio, la gelosia e la crudeltà di cuore e perciò ottiene serenità mentale. Praticando le Asana egli stabilizza la sua postura e conquista il perfetto controllo sul corpo e la sua padronanza. Quindi pratica Pranayama per arrestare le fluttuazioni della mente e distruggere Rajas (passione) e Tamas (inerzia). Il suo corpo diventa leggero ed elastico. Tramite la pratica del Pratyahara (distacco degli Indrya o sensi dagli oggetti dei sensi) egli acquista forza e pace mentale. Adesso è pronto per la concentrazione che arriva spontaneamente. Pratica meditazione ed entra in Samadhi. Attraverso la pratica combinata di concentrazione, meditazione e Samadhi (Samyama Yogico) riceve varie Siddhi (poteri). Adesso vede senza occhi, assapora senza lingua, ode senza orecchie, odora senza naso, e sente senza pelle.
Coloro che seguono il cammino del Jnana-Yoga o Vedanta dovrebbero in primo luogo acquisire i quattro mezzi di salvezza; Viveka, Vairagya, Shat-Sampatti e Mumukshutva. Viveka è la discriminazione tra il Reale e l’irreale. Vairagya è l’indifferenza agli oggetti dei sensi adesso e poi. Shat-Sampat è la sestuplice virtù; Sama (calma mentale), Dama (disciplina dei sensi), Uparati (sazietà), Titiksha (potere di sopportazione), Sraddha (fede) e Samadhana (mente unintenzionale). Mumukshutva è l’intensa aspirazione verso la liberazione. Successivamente dovrebbero avvicinare un Brahma-Nishta Guru (uno che è stabilito in Brahman o Dio), che ha pienamente realizzato il Supremo Sé e ascoltare le Scritture direttamente dalla sua bocca. Dovrebbero quindi riflettere e meditare su quello che hanno udito ed ottenere la realizzazione del Sé. Adesso il jnani esclama in gioia esuberante: “Solo l’Atman esiste, il Sé è l’unica Realtà. Io sono Brahman (Aham Brahma Asmi). Io sono Shiva (Shivoham). Io sono lui (Shivoham). Così, l’anima liberata vede il Sé in tutti gli esseri e tutti gli esseri nel Sé.
Ci sono altre tre forme di Yoga oltre a quelle sopra menzionate. Queste sono: Hatha Yoga, Mantra Yoga e Laya Yoga o Kundalini Yoga.
L’Hatha Yoga concerne il corpo fisico, le Asana, Bandha, Mudra, il voto di silenzio, il fissare lo sguardo, l’Hatha Yoga non è separato dal Raja Yoga. Prepara lo studente a impegnarsi nel Raja Yoga. Un Hatha Yogi comincia la sua Sadhana col suo corpo e il Prana (respiro); un Raja Yoghi con la sua mente. Uno Hatha Yogi riceve diversi poteri quando la potente Kundalini Shakti raggiunge il Sahasrara Chakra (sito a livello della sommità del capo); un Raja Yogi ottiene poteri psichici dalla combinazione nello stesso momento delle pratiche di concentrazione, meditazione e Samadhi.
Il Mantra Yoga concerne la recitazione di certi mantra come Om Namo Narayanaya, Om Namo Bhagavate e Om Namah Sivaya.
Laya Yoga è Kundalini Yoga. Concentrarsi sul suono emanato dal loto del cuore è Laya Yoga. Laya è dissoluzione. La mente si dissolve in Dio proprio come un cubetto di ghiaccio nell’acqua.
I metodi sono differenti ma tutti mirano a distruggere questo piccolo arrogante “io”; la causa radice del legame e della sofferenza. Karma Yoga prepara la mente per la ricezione di Luce e Conoscenza. Espande il cuore ad infinitum. Distrugge tutte le barriere che si ergono sulla via dell’unità e dell’unicità. Bhakti e meditazione: anche loro sono Karma mentali. Non può esserci Jnana senza Yoga. Il frutto della Bhakti è Jnana. Hai compreso adesso la natura dei quattro Yoga e le loro interrelazioni? C’è un verso Sanscrito il senso del quale, in breve, è il seguente: “Gli Sastras sono infiniti; c’è molto da imparare; il tempo è breve; gli ostacoli sono numerosi; ciò che costituisce l’essenza dovrebbe essere afferrato proprio come fa il cigno nel caso del latte mischiato all’acqua”.
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