I nostri pensieri divengono il nostro mondo. Noi diventiamo ciò che pensiamo. Questo è l'eterno mistero. (Maitri Upanisad)

lunedì 2 gennaio 2012

vimala thakar: un approccio olistico alla trasformazione sociale






















Se approviamo la violenza nel nostro cuore, coopereremo con tutti coloro che fanno la guerra. Siamo partecipi, perché psicologicamente approviamo la violenza. Se davvero volessimo porre fine alle guerre, dovremo esplorare le profondità della psiche umana, dove le radici della violenza hanno la loro roccaforte. A meno che non troviamo le radici della violenza, dell’ambizione e della gelosia, non troveremo la via d’uscita dal caos. L’insuccesso nell’eliminazione di queste radici ci condannerà a un’infinita, triste ripetizione dei fallimenti del passato. Dobbiamo renderci conto che la dimensione interiore e quella esteriore sono sottilmente intrecciate, e che non possiamo affrontare con successo l’una se ignoriamo l’altra. Le strutture e i sistemi condizionano la consapevolezza interiore, e i condizionamenti della consapevolezza creano le strutture e i sistemi. Non possiamo estrarre una parte, renderla bellissima e ignorare tutto il resto. I condizionamenti della società sono molto potenti: non vanno ignorati.
Tradizionalmente, sono esistiti due approcci diversi. Uno ci porta verso i problemi sociali, economici e politici, affermando: “Se i problemi economici e politici non vengono risolti, non ci sarà né felicità né pace, e la sofferenza non avrà mai fine. È responsabilità di ogni individuo affrontare questi problemi secondo una certa ideologia. La vita interiore, i suoi squilibri e le sue impurità: queste cose non sono molto importanti, possiamo pensarci dopo, perché è un’attività egoista ed egocentrica. Noi abbiamo una responsabilità verso la società, la specie umana, quindi metti da parte tutti questi problemi sulla meditazione e il silenzio, sulla sofisticazione interiore, sulla trasformazione per la rivoluzione interiore: metti tutto da parte. Prima pensa a queste cose”. Invece, l’altro approccio afferma: “È impossibile risolvere i problemi politici ed economici se l’individuo non viene completamente trasformato. Pensa alla tua trasformazione psicologica, alla rivoluzione interiore. I problemi politici, economici e sociali possono aspettare”.
Di solito, la gente ha seguito l’uno o l’altro di questi due approcci convenzionali: i gruppi religiosi quello della crescita e della rivoluzioni interiori, gli attivisti sociali quello dell’impegno per la società. Abbiamo creato delle barriere, e gli sconfinamenti al di là del proprio territorio sono sempre stati superficiali. Gli attivisti sociali hanno piantato picchetti intorno al proprio territorio, cioè la vita esteriore (le strutture politiche e socioeconomiche); i ricercatori spirituali hanno fatto altrettanto con il proprio ambito (il mondo interiore delle dimensioni più elevate della consapevolezza, delle esperienze trascendentali e della meditazione). I due gruppi, nel corso della storia, si sono sempre reciprocamente disprezzati. Gli attivisti sociali considerano egoisti i ricercatori spirituali, mentre questi ultimi considerano i primi prigionieri delle attività frenetiche, incapaci di cogliere l’essenza della vita. I tradizionali leader spirituali hanno diviso la vita in mondana e spirituale, insistendo sul fatto che il mondo è illusione. Hanno detto: “Questo mondo è «maya», un’illusione. Quindi, tutte le tue azioni devono fare riferimento alla verità assoluta, non a «maya»”. Dunque, una persona religiosa seduta dieci ore al giorno in meditazione non ha bisogno di preoccuparsi dei tiranni, dello sfruttamento o delle crudeltà che avvengono intorno a lei. Direbbe: “Non è responsabilità mia, ma di Dio. Dio ha creato il mondo: Lui (o Lei) se ne prenderà cura”.
Sono esistite delle mescolanze superficiali, per esempio gruppi spirituali che praticano servizio sociale o attivisti sociali che entrano in organizzazioni religiose, ma un’autentica integrazione tra l’azione sociale e la spiritualità non è ancora avvenuta a un livello profondo e innovativo. La storia dello sviluppo umano è stata frammentaria, e la maggioranza delle persone si è accontentata di questa frammentazione. Essa ha l’approvazione della società. Ciascun frammento di società ha il suo insieme di valori. Tra molti attivisti sociali la rabbia, l’odio, la violenza, il rancore e il cinismo sono norme accettate, anche se l’efficacia di queste motivazioni per raggiungere una vita pacifica è stata seriamente messa in dubbio. E l’indifferenza verso i bisogni dei più poveri è stata incredibilmente accettata da generazioni e generazioni di ricercatori spirituali, i quali ritenevano gli stati più elevati di consapevolezza molto più importanti dell’infelicità di milioni di persone alla fame.
All’inizio del ventunesimo secolo una nuova sfida ci attende: andare al di là della frammentazione, degli insiemi incompatibili di valori in cui credono anche le persone più riflessive, smettere di credersi nel giusto, aprirsi a tutta la vita e alla rivoluzione totale. In questa epoca, divenire un ricercatore spirituale senza una consapevolezza sociale è un lusso che non possiamo più permetterci, ed essere un attivista sociale senza una comprensione del funzionamento interiore della mente è la follia peggiore. Nessuno dei due approcci, presi in sé, ha mai avuto grande successo. Oggi è fuori di dubbio che un ricercatore dovrà sforzarsi di essere socialmente consapevole e che un attivista dovrà convincersi della crisi morale della psiche umana, dell’importanza dell’attenzione verso la vita interiore. La sfida che ci attende è di andare molto più in profondità, abbandonare i pregiudizi e le preferenze superficiali, espandere la comprensione a una scala globale, integrare la totalità della vita e divenire consapevoli del tutto di cui siamo una manifestazione.
Man mano che la nostra comprensione si approfondisce, le divisioni arbitrarie tra la vita interiore ed esteriore svaniscono. L’essenza della vita, la sua bellezza e la sua magnificenza sono nella sua totalità. È davvero impossibile dividere la vita in esteriore e interiore, sociale e individuale. Possiamo creare divisioni arbitrarie per le esigenze della vita collettiva, per l’analisi, ma di base nessuna divisione tra l’interiore e l’esteriore è vera o ha significato.
Abbiamo accettato i compartimenti stagni della società, la frammentazione della vita come un dato di fatto necessario. Viviamo in relazione a questi frammenti e accettiamo le divisioni interiorizzate – i nostri vari ruoli, i sistemi di valori in contraddizione tra loro, le motivazioni e priorità opposte – come una realtà. Al nostro interno, siamo in disaccordo con noi stessi; crediamo che l’interiore sia fondamentalmente diverso dall’esteriore, che l’io sia del tutto diverso dal non-io, che le divisioni tra i popoli e le nazioni siano necessarie, e tuttavia continuiamo a chiederci perché al mondo esistano tensioni, conflitti e guerre. I conflitti iniziano con la mente che crede nella frammentazione e ignora la totalità.
Un approccio olistico è il riconoscimento dell’omogeneità e dell’integrità della vita. La vita non è frammentata né divisa. È impossibile dividerla in spirituale e materiale, individuale e collettiva. In essa non possiamo creare scompartimenti politici, economici, sociali, ambientali.
Quando la consapevolezza della totalità si affaccia nel cuore e prendiamo coscienza dell’interrelazione di tutti gli esseri, non è più possibile rapportarsi esclusivamente a un solo frammento, restandovi bloccati. Non appena si è consapevoli del tutto, ogni istante, ogni movimento diventa sacro. Il senso di unità non è più una connessione intellettuale. In tutte le nostre azioni saremo integri, totali e naturali, senza sforzo. Ogni azione o non-azione avrà la fragranza della totalità.


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Vimala Thakar, Spirituality and Social Action: A Holistic Approach, 1984

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