I nostri pensieri divengono il nostro mondo. Noi diventiamo ciò che pensiamo. Questo è l'eterno mistero. (Maitri Upanisad)

venerdì 28 dicembre 2012

Om Ram Ramaya Mantra













 Om Ram Ramaya Svaha

Om la benedizione di Rama sia con noi



sabato 22 dicembre 2012

moola mantra














Sat-Chit Ananda Parabrahma
Purushotamah Paramahtma
Sri Bhagavathi Sametha
Sri Bhagavathe Namahah

OM - il suono primordiale dell'universo, l'universo vibra il suono
SAT - verità, libertà da tutti i vincoli
CHIT - conoscenza totale, intuizione e coscienza pura
ANANDA - beatitudine totale, realizzazione assoluta
PARABRAHMA - principio immutabile, eterno, onnipresente, illimitato

PURUSHOTHAMA - energia dell'incarnazione divina che ci eleva ed aiuta
PARAMATHMA - energia interiore suprema presente in ciascuno di noi

SRI BHAGAVATHI - Divina Madre Terra, intelligenza suprema
SAMETHA - insieme congiunti

SRI BHAGAVATHE - Divino Signore, intelligenza suprema
NAMAHAH - mi abbandono

Il Moolamantra descrive il percorso della manifestazione divina, inizia con l'invocazione alla realtà non manifesta, che è oltre il conosciuto, affinché si manifesti a livello terreno (Om). Si invitano la Verità (Sat), la Consapevolezza (Chit) e la Beatitudine (Ananda), realtà assolute, al di là dello spazio e del tempo (parabramha), a incarnarsi in una forma disponibile (purushotthama). Il divino non è lontano, è un’intelligenza dentro di noi (paramathma), che si manifesta nel suo aspetto femminile (bhagavathi) e in quello maschile (bagavathe), in comunione col divino (sametha).

sabato 15 dicembre 2012

Shiva Nataraja e Pashupati, il Signore della danza e degli animali

























Shiva è il Nataraja,il Signore della danza, la sua è la danza cosmica, mediante la quale l'universo viene manifestato, conservato e riassorbito. Secondo la cosmologia hindu l'universo non ha sostanza.
La materia, la vita, il pensiero non sono che relazioni energetiche, ritmo, movimento e attrazione reciproca. Il principio che dà origine ai mondi, alle varie forme dell'essere, può dunque essere concepito come un principio armonico e ritmico, simboleggiato dal ritmo dei tamburi, dai movimenti della danza. In quanto principio creatore, Śiva non profferisce il mondo, lo danza.

Rudra abita le foreste e le giungle. E' chiamato Pasupati, signore delle belve (Satapatha Brahamana, XII,7,3,20).

Al gregge di Siva appartengono tutti gli esseri viventi, compreso l'uomo.
In ogni forma d'esistenza sono presenti in grado diverso i differenti aspetti dell'essere. Non c'è dio senza animalità, nè animale senza umanità, nè uomo senza parte di divinità.
In ogni uomo si distinguono tre componenti, chiamate 'pati, pasu e pasa'.
Coloro nei quali è dominante l'aspetto pati sono sapienti prossimi agli dei, che comprendono le regole del gioco divino, della creazione, e vi partecipano. L'insieme degli uomini in cui predomina l'elemento animale è chiamato pasu (gregge). Un elemento astratto 'pasa' ( il vincolo) esprime l'unità e l'interdipendenza di tutte le forme della vita.
Pasa è l'insieme delle leggi che tengono uniti i vari elementi della materia e dell'essere vivente intrappolato nella creazione. Non c'è altra morale che il rispetto del pasa, del vincolo, ossia dell'interdipendenza in noi dell'animale e del divino, e della realizzazione del posto che occupiamo nell'insieme dell'opera divina, delle affinità che ci legano alle specie animali e vegetali, e delle responsabilità che questi rapporti implicano. Si può definire il pasa come legge naturale, ossia la legge divina. Ogni altra legge morale non è che una convenzione sociale, la quale non può aver valore su un piano universale. Ogni vera morale deve conformarsi a queste leggi fondamentali su cui è basata la creazione.
Le convenzioni sociali fissate da leggi umane non hanno a nulla a che vedere con la religione. Ovunque si estenda il culto di Siva ritroviamo l'importanza attribuita al mondo animale e vegetale.

Siva guardò gli dei e disse loro: Io sono il signore degli animali... I coraggiosi Titani, gli Asura potranno essere distrutti solo se ciascuno degli dei e degli altri esseri assumerà la sua natura di animale. Gli dei esitavano a riconoscere il loro aspetto animale. Siva disse loro: Non è una riduzione riconoscere il proprio animale. (Siva purana, Rudra Samitha, V, 9)

Per vigilare sugli animali, sulle piante e anche sugli uomini, Siva creò i Vidyesvara (maestri del sapere) che appaiono in veste di geni delle foreste, satiri, ninfe, fate, angeli custodi. Sono i geni protettori della creazione.
Pasuapati ne è il capo e attraverso di loro si manifesta in tutti gli aspetti del mondo naturale.
Siva risiede nelle montagne e nelle foreste; là c'è il presentimento della sua misteriosa presenza e là, in caverne o luoghi isolati, gli si erigono santuari e gli si recano offerte.

Alain Danielou, Shiva e Dioniso

sabato 8 dicembre 2012

Agni Gayatri Mantra
















Om Vaisvanaraya Vidhmahe
Lalilaya Dhimahi
Thanno Agni Prachodayath

Om, conosciamo la fiamma che tutto digerisce,
meditiamo sul fuoco mistico dalle sette lingue,
possa Agni illuminarci.



domenica 2 dicembre 2012

mercoledì 28 novembre 2012

Guru Nanak Jayanti










Oggi si celebra il Guru Nanak Jayanti, fondatore del sikhismo, nato nel 1469 a Talwandi (nei pressi di Lahore, Pakistan). Guru Nanak diffuse il messaggio sikh di uguaglianza fra tutti gli esseri umani fino al 1539; gli succedono nove eredi spirituali, fino a Guru Gobind Singh che diffonde il libro sacro Granth Sahib, venerato nel tempio d’oro della città santa di Amritsar e in tutti i templi sikh del mondo.

giovedì 22 novembre 2012

Ra Ma Da Sa, mantra dell'energia curativa
















Ra (Sole)
Ma (Luna)
Da (Terra)
Sa (Totalità)

Sa (Totalità)
Se (Spirito, Energia)
So (Manifestazione)
Hang (Esperienza dell'Assoluto)

Siri Gayatri Mantra espande il corpo pranico e produce energia curativa, contiene gli otto bija che stimolano la Kundalini a fluire attraverso Shushmana e attraverso i chakra, in una combinazione di terra ed etere: RA MA DA SA è il Mantra della Terra, aiuta ad aprire il flusso dell'energia attraverso il Sole, la Luna, la Terra, e indietro all'Infinito; SA SE SO HONG è il Mantra dell'Etere, che afferma: "io sono quel ciclo infinito".

martedì 13 novembre 2012

diwali: celebrare le luci con la danza "Ilumina"















Oggi si festeggia DIWALI, la festa delle luci,

la celebriamo danzando, con il canto "Ilumina", dedicato al sole, alla luna, al cosmo e agli elementi

Ó, grandioso sol, sol central
Ó, grandiosa lua no céu
Ó, grandiosa estrela no céu
Ó, grandiosa rainha da floresta

Ilumina, ilumina, ilumina, ilumina


lunedì 5 novembre 2012

sat narayan - chotay pad mantra per la meditazione















Sat Narayan Wa He Guru
Hari Narayan Sat Nam

Narayan è l’Infinito relazionato con l’acqua, Hari Narayan è il nutrimento creativo, Sat Narayan è il vero sostenitore, Wahe Guru è l'estasi della coscienza, Sat Nam l'identitá con il divino.

lunedì 29 ottobre 2012

Vac, dea della parola























"Nella Bradāranyaka Upanisad, donne e uomini dialogano insieme sulla conoscenza e sull’essenza del Sé, dal più noto dialogo tra Maitreyī e il marito Yājnavalkya, al confronto tra il saggio e la giovane Gārgi, l’unica che riesce a mettere alla prova il suo sapere e a giudicare la sua conoscenza: “Allora Gargi disse: Riveriti Brahmana, dovreste considerarvi fortunati se vi congederete porgendo il vostro omaggio a Yajnavalkya, poiché nessuno di voi potrà superarlo nel descrivere la realizzazione del Brahman” Bradāranyaka Upanisad (III, 8, 12).

Non soltanto Maitreyi e Gargi sono donne che prendono la parola, ma la parola stessa è donna: nel Rg Veda è personificata dalla dea Vāc che contiene tutti i mondi, “quindi la parola è tutto” Aitareya Āranyaka (III, 1, 6).

Uno dei suoi aspetti principali è la Gāyatrī, “nome che viene applicato soprattutto a un metro vedico di ventiquattro sillabe (tre volte otto) e ad una strofa sacra, sempre in questo metro, considerata come contenitore dell’essenza dei Veda e rappresentata come loro madre” A. Danielou, Miti e dei dell’India.

La Gayatri è il mantra più importante, come la sillaba OM, “è questo intero universo, tutto ciò che è venuto in essere. E la parola è la Gayatri, poiché la parola canta e protegge questo intero universo che è venuto in essere” Chāndogya Upanisad (CXI,12,1).

E ancora, il flusso della parola e del sapere è incarnato dalla dea Sarasvatī, madre della poesia e rivelatrice del linguaggio e della scrittura all’umanità, e Parvati è la sostanza cosciente dell’universo, generata da Himavat, signore delle montagne, e Menakā, sua madre, ovvero l’intelletto. […]

Nella cultura vedica la parola occupa “non solo il primo posto, ma un posto unico, poiché la sua natura non può essere paragonata a quella di nessun altro essere” R. Panikkar, I Veda. Mantramanjari.

In un inno del Rg Veda, così si esprime Vāc, dea della parola, principio vivificatore di tutti gli esseri:

Io sono colei che governa, colei che accumula tesori,

piena di saggezza, la prima tra coloro che sono degni di adorazione,

l’energia divina mi spinge in molti luoghi,

entro in molte case e assumo numerose forme.

Rg Veda, X, 125, Devī Sūktam.

La relazione tra l’essere e la parola è costitutiva, è advaita, non dualistica, e si rispecchia nelle cose: “ogni cosa ha il suo vocabolo e ogni vocabolo dice una cosa. Il vocabolo non è la cosa, ma la dice. La cosa non è il vocabolo, ma è essa che lo realizza”; tra la parola e la mente sussiste la stessa relazione advaita, che Panikkar esemplifica attraverso un antichissimo racconto:

un tempo vi fu una disputa tra la Mente e la Parola. “Io sono eccellente”, disse la Mente, e la Parola disse, “Io sono eccellente”. La Mente disse: “Io sono certamente migliore di te, poiché tu non esprimi nulla che non sia precedentemente capito da me. Così, dato che tu imiti solamente ciò che io faccio e mi segui semplicemente, io sono sicuramente migliore di te”. La Parola disse: “Io sono sicuramente migliore di te, poiché tutto ciò che tu conosci, io lo faccio conoscere, io lo comunico”.
Andarono da Prajāpati, chiedendo il suo arbitrio. Prajāpati si pronunciò a favore della Mente, dicendo: “Sicuramente la Mente è migliore, poiché tu imiti solamente e segui ciò che la Mente fa”[…]. La Parola parlò a Prajāpati: “Io non diverrò mai veicolo della tua oblazione! Io, che tu hai rifiutato!” da R. Panikkar, I Veda. Mantramanjari.

Per questo, qualunque cosa durante un rito sia effettuata per Prajāpati, viene svolta silenziosamente, per il rifiuto della Parola di condurre oblazioni a quel dio".

da "L'Elefante e la metropoli" 

domenica 21 ottobre 2012

Inno alla Terra, dall'Atharva Veda




La verità, la sublimità, l’ordine universale, la rettitudine, la sacralità, il fervore dell’ascesi, la gioia spirituale, il sacrificio – sostengono la Terra. Che essa, Signora di ciò che è e di ciò che sarà, ci riservi un orizzonte sconfinato.
La Terra adorna di vette, di crinali e di vaste pianure, che genera le piante dalle potenti virtù, libera dai legami che opprimono gli uomini, si apra al nostro sguardo, pronta ad accoglierci.
La Terra su cui scorrono il mare, i fiumi e tutte le acque, sulla quale sbocciano le messi e i popoli, su cui abita tutto ciò che respira e si muove, ci conceda di dissetarci per primi.
La Terra cui appartengono le quattro regioni dello spazio, su cui crescono i raccolti e i popoli, che sostiene tutto ciò che respira e si muove, ci conceda vacche e prosperità.
La Terra dove nacquero i primi uomini, dove gli Dei sconfissero i demoni, possa offrirci mucche, cavalli, volatili e fortuna.
La Terra che sostiene tutti, che nutre di abbondanza, il fondamento, il ristoro materno di tutti gli esseri viventi, colei che preserva il fuoco di Agni, la compagna di Indra il toro, ci conceda il privilegio dei suoi beni.
La vasta Terra, sempre sorvegliata dagli Dei insonni, ci allatti con miele prezioso, ci asperga di limpida gloria.
La Terra che fu acqua sulla superficie dell’oceano cosmico, che i saggi veggenti scoprirono con il loro acume, il cui cuore risiede nel cielo supremo, l’immortale, ammantata di verità, ci accordi lucidità e rettitudine, perché possiamo governare.
La Terra su cui le acque ancelle scorrono insieme, giorno e notte, senza sosta, versi per noi il latte in torrenti copiosi, e ci bagni di gloria.
La Terra misurata dai passi degli Asvin, su cui ha camminato Vishnu, che Indra, signore potente, ha eletto sua compagna; da lei, la madre, sgorghi il latte per me, suo figlio.
Le cime innevate dei monti e le tue foreste, o Terra, ci siano gentili. La scura, la nera, la rossa e multicolore, la solida Terra, protetta da Indra, intatta e incorrotta, è lei la Terra delle mie radici.
Tienici nel tuo cuore, madre, e nel tuo ventre, nel luogo in cui il tuo nutrimento sgorga puro e più potente. La Terra è la madre, e io sono suo figlio. La pioggia è mio padre, che egli ci benedica.
La Terra su cui i sacerdoti scolpirono gli altari, dove, con devozione rituale, posero le offerte; la Terra su cui si erge maestoso il palo sacrificale, sia essa prospera e ci accordi di prosperare.
Sottometti, o Terra, colui che ci odia, chi ci dichiara guerra, chi ci è ostile con il pensiero o con le armi, anticipa il nostro bisogno di soccorso.
I mortali che nascono da te, in te moriranno, tu che sostieni bipedi e quadrupedi. Tue sono le cinque famiglie umane, tuoi i mortali su cui il sole getta i suoi raggi di luce immortale.
Tutte le creature ci offrano il loro latte, e tu, o Terra, donaci il miele della parola.
Sulla stabile, larga Terra, madre premurosa di tutte le piante, gentile e generosa, in accordo alla legge divina, si possa trascorrere una lunga vita.
Grande Terra, raduno degli uomini, su di te si vivono emozioni, premure e agitazioni. Indra il grande ti protegge incessantemente. O Terra donaci di risplendere come oro, perché nessuno odia l’oro.
Il fuoco di Agni è posto sulla Terra, nelle piante, nelle acque e nelle pietre. Agni è nell’uomo, Agni è nelle vacche, Agni è nei cavalli;
Agni irradia dal cielo, ad Agni il divino appartiene l’aria. I mortali cercano il favore di Agni, portatore di doni celesti, con l’offerta del burro chiarificato;
La Terra dalle ginocchia nere, coperta dal manto di Agni, ci conceda lucidità e attenzione.
Sulla Terra gli uomini compiono sacrifici agli Dei con le offerte rituali; sulla Terra gli uomini sono saziati dal cibo. Che la Terra ci doni respiro e vita, e ci conceda la vecchiaia.
Il tuo profumo, o Terra, trasportato dalle piante e dalle acque, condiviso dagli esseri celesti, mi renda gradevole e nessuno mi trovi sgradito.
Il tuo profumo, o Terra,  che penetra nel loto, il profumo che fu degli Dei invitati allo sposalizio del Sole,  con quello aspergimi, affinché nessuno provi astio per me.
Il profumo che adorna gli uomini, che fa innamorare i maschi e le femmine, che avvolge il destriero e l’eroe, che distingue i grandi animali selvaggi, che dona lo splendore delle giovani donne, o Terra, con quello ungici, perché nessuno provi odio per noi.
Pietra, roccia, polvere sono questa Terra; la Terra aggrega e congiunge. Alla Terra dal seno generoso io offro la mia obbedienza umilmente.
La Terra su cui gli alberi rigogliosi della foresta poggiano solidi, la Terra compatta che nutre, io invoco.
In piedi o seduti, fermi o camminando, mai si debba inciampare con il piede destro o col sinistro, su questa Terra.
Io mi rivolgo alla Terra pura, il suolo, coltivato dallo spirito bramanico. Su di te, primo nutrimento, prosperità e abbondanza, noi vogliamo restare, o Terra.
Acqua limpida sgorghi dalla Terra per purificare i nostri corpi; ciò che fuoriesce da questi corpi ci ripugna e con ciò che purifica fai che io possa purificarmi.
Che l’oriente, il settentrione, il meridione, o Terra, e l’occidente siano benevoli con me mentre cammino su di te. Ciò che ho posto in questo mondo possa resistere e non crollare.
O Terra, non spostarci dall’occidente o dall’oriente; non dal settentrione o dal meridione: Sii per noi certezza, o Terra: i predoni delle strade non ci assalgano, tieni lontane da noi le loro armi.
Finché posso vederti, con l’aiuto del sole, o Terra, fai che io non cada, lungo il percorso degli anni.
Quando, da disteso, mi giro sul fianco destro o sul sinistro, o Terra; quando da disteso le mie costole premono sul tuo fianco, o Terra, tu che ti distendi accanto a ogni cosa, non farmi soffrire.
Quanto io estraggo da te, o Terra, presto ricresca: che mai io possa, o purissima, spezzare un tuo punto vitale, né mai il tuo cuore.
Tua è l’estate, o Terra, tua la stagione delle piogge, tuo l’autunno, l’inverno e la primavera; tu stabilisci le stagioni dell’anno, la notte e il giorno, perché ci nutrano del tuo latte.
La Terra incorrotta che nacque allontanandosi dal serpente, colei che distrusse il blasfemo, che scelse di stare a fianco di Indra, la Terra è per sempre compagna di Indra, il toro vigoroso.
La Terra ove sono posti la conca dei sacrifici e le sorgenti del soma, dove è fissato il palo scarificale, dove i bramani onorano gli Dei con i riti e le formule, dove l’officiante porge a Indra il soma da bere;
La Terra ove i veggenti antichi, i sette sacerdoti, con l’offerta delle Sacre Scritture e dei sacrifici e con l’ascesi crearono gli esseri e intonarono il canto che partorì le vacche;
La Terra indichi il luogo del tesoro che cerchiamo; che la fortuna (Bhaga ) ci aiuti, che Indra sia il nostro campione.
La Terra su cui i rumorosi mortali cantano e danzano, su cui combattono, su cui risuona il ruggito dei tamburi, disperda i nostri nemici e ci liberi dai rivali.
Sia ossequio alla Terra su cui troviamo il cibo, il riso e il grano, su cui vivono le cinque razze degli uomini, alla Terra moglie di Parganya, ingrassata dalla pioggia, sia lode.
La Terra ove si innalzano le città degli Dei, grembo per tutte le creature, Prajapati (il signore) la renda ospitale per noi.
La Terra che contiene luoghi misteriosi, ricchezze, oro e preziosi, sia generosa con me; lei che concede liberamente prosperità, la Dea gentile, ci conceda l’abbondanza.
La Terra che accoglie genti dalle diverse lingue e dai diversi costumi, nelle differenti regioni abitate, come una mucca docile che non scalcia, ci nutra in mille torrenti con il latte dell’abbondanza.
Il serpente e lo scorpione dal dente assetato che giacciono immobili su di te; il verme, e ogni essere vivente, o Terra, che si muove nella stagione delle piogge, quando striscia, non passi su di me: con ciò che è migliore per te, sii generosa con noi.
Tuoi sono i molti sentieri percorsi dagli uomini, tuoi i tracciati dei carri su cui si spostano i buoni e i cattivi, fai che noi possiamo percorrere questa strada, libera dai nemici, libera dai predoni: con ciò che è migliore per te, sii generosa con noi.
La Terra mantiene gli sciocchi e i mantiene i saggi; sopporta che la abitino il bene quanto il male; lei che non disdegna la compagnia del cinghiale, per lui sacrifica se stessa.
Tuoi sono gli esseri della foresta, gli animali che abitano gli alberi, i leoni mangiatori di uomini, le tigri che vagano solitarie; il lupo, la sorte avversa, l’infortunio e i demoni, o Terra, tieni lontani da noi.
Gandharva, Apsara, Arâya Kimîdin; Pisâkas e tutti i demoni, o Terra, allontana da noi.
La Terra su cui gli uccelli bipedi volano armoniosi, fenicotteri, aquile, falchi e polli; su cui si alza veloce il vento sollevando la polvere e scuotendo gli alberi – così quando il vento soffia in avanti e indietro, poi erompe la fiamma.
La Terra su cui convivono la notte e il giorno, su cui sono stati stabiliti l’oscurità e la luce, la larga Terra coperta e avvolta di pioggia, ci offra una dimora serena.
Cielo, Terra e aria mi hanno dato corpo; Agni, Surya e le acque, insieme agli Dei, mi hanno concesso la saggezza.
Io sono potente, sono chiamato l’ulteriore, sono sulla Terra per conquistare, per conquistare completamente ogni regione.
O Dea, quando all’origine gli Dei ti chiamarono, mentre sorgevi  hai raggiunto la pienezza e la prosperità è penetrata in te, tu hai creato le quattro regioni.
Nei villaggi e nelle selve,  nelle assemblee, nei raduni e negli incontri, fai che procediamo in piena armonia con te.
Appena nata, come un destriero la polvere, sparse la gente che abitava la terra, lei che era l’amata, la guardiana del mondo, la signora che presiede alle piante e agli alberi.
Con dolci parole esprimo queste cose: sono le cose di cui parlo che mi insegnarono la dolcezza. Con lucidità e con attenzione: coloro che mi aggrediscono saranno sconfitti.
Gentile, fragrante e generosa, dal seno pino di latte, la grande Terra ci dia col il suo latte il nostro coraggio.
Colei che il Creatore ricercò offrendo doni, quando raggiunse il flusso sorgente dell’atmosfera, ella, il vaso del nutrimento deposto in un luogo segreto, divenne visibile agli Dei quale Madre divina.
Tu ha sparso il seme degli uomini, tu sei la grande Aditi che dispone il suo latte secondo i nostri desideri. Tu che sei nata dal primo ordine cosmico, a te il Signore Prajapati concederà tutto ciò che vuoi.
Le tue membra, o Terra, siano prive di malattie; che per noi siano sempre sane, così che per l’intero corso della nostra vita possiamo offrirti doni fragranti.
O madre Terra, ponimi in una dimora solida; con l’aiuto del Padre celeste, o Saggia, ponimi in un luogo di gioia e prosperità.

Atharva Veda XII, I

martedì 16 ottobre 2012

lunedì 8 ottobre 2012

Devi Suktam, inno a Vac dal Rg Veda



















L'inno Devi Suktam del Rg Veda celebra la Parola, Vac, il principio cosciente intelligente del cosmo, nella persona della Madre Divina.

1. Con i Rudra e con i Vasu mi desto e con gli Aditya e con gli Dei cammino. Io sono il supporto di Mirta e Varuna, di Indra, di Agni e degli Ashvin.

2. Io animo il Soma eccitante, io sostengo Tvastar, Pusan, e Bhaga. Io accordo il successo a chi offre il sacrificio, al devoto e all’iniziato al Soma.

3. Io sono la sovrana, la detentrice di tutti i beni, la sapienza, l’adorabile. Io entro in ogni luogo e in molte forme, ovunque mi disponga il divino creatore.

4. Io nutro la creatura che vede, che respira, che ascolta parole sensate. Gli esseri abitano in me, sebbene non mi vedano: mi ascoltino, dunque, io sono la verità.

5. Da me provengono le parole e le storie che gli uomini e gli dei amano ascoltare. L’uomo prediletto da me prospererà, io lo faccio sacerdote, saggio, profeta.

6. Io tendo l’arco divino, io colpisco l’empio che infanga la parola. Tra la gente sollevo la lotta e riempio la terra e il cielo.

7. Io provengo dal profondo delle acque oceaniche, io porto Dio alla vetta del mondo. Mi espando nei mondi e in tutte le creature, e la mia fronte tocca il più alto dei cieli.

8. Il mio respiro è potente come il vento e la tempesta, con esso dispongo i mondi e gli esseri. Al di sopra della terra e dei cieli io domino con luminosa potenza e vastità.

Rg Veda,  X, CXXV

lunedì 1 ottobre 2012

Hamso upanisad


















1. Gautama disse: "O signore che conosci ogni legge, che sei esperto d'ogni scienza, con qual mezzo si desta la conoscenza del Brahman?".
 
2. Siva rispose: "Dopo aver riflettuto su tutti i Veda e aver conosciuto la dottrina di Siva, ascolta allora da me la verità, o Gautama, rivelata da Parvati".
 
3. Essa è un segreto che non deve essere divulgato, è simile a un tesoro per chi pratica Yoga, essa che concerne la conoscenza completa dell'anima e che dà come frutto la gioia e la liberazione.
 
4. Io voglio esporre la dottrina di Hamsa e paramahamsa ad un novizio padrone di te, in pace, devoto al maestro. Sempre bisogna ripetere "Hamso, Hamso". Con tale suono, il respiro penetra e permane in tutti i corpi, come il fuoco nel legno, come l'olio nel sesamo. Chi lo conosce non va alla morte. Dopo aver chiuso l'apertura anale, il praticante deve far salire il soffio dal centro chiamato adhara fino al manipura chakra, dopo essere passato attorno per tre volte allo svadhisthana deve poi, superato l'anahata, trattenere i soffi nella visuddhi, meditare sull'ajna e sul brahmarandhra, realizzare di essere la sillaba Om e riflettere continuamente sul ronzio che, dal centro adhara fino al brahmarandhra, è simile a un puro cristallo: questo si dice che è il Brahman, il supremo Atman.
 
5. Del mantra Hamso, l'autore è il cigno Hamsa, il metro è la gayatri, la divinità è il paramahamsa, la parte iniziale è Ham, la parte conclusiva è So, la parte centrale è So 'ham. Di giorno e di notte si deve ripetere  21.606 volte, meditando su sole, luna, Atman privo di macchie, Brahma immerso nel mistero: così rianimerà lo spirito che risiede nel corpo. Questo mantra, con l'invocazione rituale "ad Agni e Soma, Vausat ", è usato per il rito del Nyasa, che impegna le membra e le mani, cominciando dal cuore. Alla fine del rito si deve meditare sull'Atman, ossia sull'Hamsa che giace nel cuore dagli otto petali.
 
6. Il corpo dell'Hamsa è così costituito: Agni e Soma sono le ali, Om è la testa, il punto che sovrasta la mezzaluna è l'occhio o la bocca, Rudra e Rudrani sono i piedi e gli arti, Kala e Agni i due lati del corpo (destro e sinistro), conoscenza e rinuncia sono i due altri lati (superiore e inferiore).
 
7. Ed esso è il paramahamsa, lo Spirito Supremo, che risplende come dieci milioni di soli e penetra in tutto l'universo! Nella ninfea del cuore ci sono otto impulsi: nel petalo orientale c'è inclinazione alle azioni sacre, nel petalo sud-orientale sonno e ignavia, nel meridionale tendenza alla crudeltà, nel sud-occidentale inclinazione al male, nell'occidentale tendenza al piacere, nel nord-occidentale desiderio di viaggiare, nel settentrionale tendenza alla sessualità, nel nord-orientale desiderio di ricchezze.
 
8. Nel mezzo c'è la rinuncia, negli steli lo stato di veglia, nel pericarpo lo stato di sonno, nell'androceo lo stato di sonno profondo. Il quarto stato lo si raggiunge quando si è abbandonata la ninfea. Quando l'anima s'è dissolta nel nada, allora si dice che c'è lo stato che è al di là del quarto, al di là del pensiero, al di là dello stesso mantra Hamso, Hamso. E tutto così avviene per effetto del mantra Hamso, Hamso: da esso il pensiero è mosso. Si giunge a godere il nada ripetendolo dieci milioni di volte: tutto così avviene per effetto del mantra Hamso, Hamso. Il nada si manifesta in dieci modi: dapprima come cini, poi come cincini, il terzo grado è come il suono d'una campana, il quarto è come il suono d'una conchiglia, il quinto è come il suono d'una corda, il sesto è come un battito di mani, il settimo è come il suono d'un flauto, l'ottavo è come il suono d'un tamburo, il nono è come il suono d'una cassa armonica, il decimo è come il rumore d'un tuono. Bisogna tralasciare il nono grado e concentrarsi soltanto sul decimo.
 
9. Al primo grado si ha un suono simile a cincini, al secondo questo scompare, al terzo sopravviene una spossatezza, al quarto la testa trema,
 
10. al quinto il palato trasuda, al sesto si beve l'ambrosia, al settimo si conosce il mistero, all'ottavo si possiede la parola,
 
11. al nono il corpo diventa invisibile e si ha la vista divina, senza macchia, al decimo si raggiunge il sommo Brahman, nell'identità fra Atman e Brahman.
 
12. A questo punto l'intelletto si dissolve e nell'intelletto si bruciano desideri e dubbi, peccati e buone azioni. Appare l'eterno Siva, nella forma di Sakti, onnipresente, rilucente di per sé, puro, illuminato, senza fine, senza macchia, per sempre acquietato".

venerdì 28 settembre 2012

Inno sul principio della creazione, dal Rg Veda








In quel momento non vi era né l’esistente, né il non-esistente.
Non vi era aria, né il cielo che è al di là.
Che cosa conteneva? Dove? Chi proteggeva?
C’era l’acqua, insondabile, profonda?

In quel momento non vi era né la morte né l’immortalità.
Non vi era segno della notte, né nel giorno.
L’Uno respirava, senza respiro, con il suo stesso potere.
Oltre a quello non vi era nient’altro.

In principio vi era oscurità nascosta da oscurità;
indistinguibile, tutto questo era acqua.
Ciò che era nascosto dal vuoto, l’Uno, venendo in essere,
sorse attraverso il potere dell’ardore.

In principio il desiderio venne prima di tutto,
che fu il primo seme della mente.
I saggi che cercavano nei loro cuori con saggezza
scoprirono il legame dell’esistente con il non-esistente.

La loro corda fu estesa attraverso:
che cosa c’era al di sotto e che cosa c’era al di sopra?
C’erano portatori di semi, c’erano poteri;
vi era energia al di sotto, e impulso al di sopra.

Chi lo sa veramente? Chi può qui dichiarare
da dove è stata prodotta, da dove viene la creazione?
Dalla creazione di questo universo gli Dei vennero successivamente:
chi allora sa da dove ciò è sorto?

Da dove questa creazione sia sorta,
se lui l’ha fondata oppure no:
lui che la sorveglia nel più alto dei cieli,
lui solo lo sa, o forse non lo sa.

Rg Veda X, 129

domenica 23 settembre 2012

Om Hamsa So Ham, il mantra dell'identità con lo spirito universale
















AUM HAMSAH SO HAM

HAM è il seme verbale dell’etere, akasha bija, SA rappresenta il sole

Il mantra deve essere ripetuto al ritmo del respiro e realizza i quattro scopi della vita: virtù, gioia, prosperità, liberazione

“Il cigno Hamsa simboleggia la conoscenza, il prāna ed il raggiungimento dei più elevati risultati, per la sua capacità di trascendere ogni limite e di solcare lo spazio di tutti gli elementi, cielo, acqua e terra; le sillabe sanscrite Ham Sa, ripetute nel palindromo Sa Ham, esprimono il senso della conoscenza vedica e dell’unione con il cosmo: io sono quello, quello è me” .
da "L'elefante e la metropoli" di Luca Cangemi 

SO HAM è onomatopeico del ritmo respiratorio (Ham nell'inspirazione, So nell'espirazione) e nell'iterazione può essere inteso come So 'ham, So 'ham, "Quello son io", con cui si afferma l'identità con lo spirito universale. 

leggi HAMSA Upanisad

mercoledì 19 settembre 2012

Ganesh Chaturthi























Oggi si celebra Ganesh Chaturthi, il compleanno di Ganesha.

I Mantra per il Chaturthi

"Ganesa, o Ganapati, è il signore delle masse e delle categorie, Gana; colui che è oltre i Guna, - con la parola sanscrita Guna si indicano le tre categorie dell’essere: rajas, sattva, tamas (esistenza, coscienza ed esperienza, o anche energia, equilibrio ed inerzia - ed al tempo stesso li incarna tutti:

tu oltre i quattro stati della parola,

tu oltre la triade dei Guna,

tu oltre la triade dei luoghi,

tu oltre la triade dei corpi,

tu oltre la triade dei tempi.

Ganapati Upanisad, IV, 2-6.

Oltre il tempo: Vighnesvara, uno degli attributi di Ganesha, è il signore che rimuove gli ostacoli, interrompe la scansione del tempo storico tra passato, presente, futuro e “fa sparire il timore inerente al tempo e alla durata” (A. Sankarāchārya, commento alla Ganapati Upanisad, VII sec.)

[…] molteplici sono le storie della nascita di Ganesha.

Un giorno, Parvati voleva fare il bagno, e creò dalla farina di grano con cui si cospargeva il corpo il giovane Ganesha; poi lo pose di guardia all’entrata del bagno, chiedendogli di non far avvicinare nessuno. Quando si avvicinò uno sconosciuto, il giovane lo respinse, ma a voler entrare era Shiva, compagno di Parvati, che non sapeva della nascita del ragazzo e che, infuriato, lottò con lui fino a tagliargli la testa con il tridente. La madre era addolorata e Shiva, disperato per aver ucciso il figlio, vagava in cerca di una soluzione, quando vide un’altra madre addolorata che piangeva il proprio figlio: erano elefanti. Dalla testa dell’elefantino e dal corpo del giovane morto, rinasce Ganesha.

In altri racconti, Parvati desiderava un figlio e per un anno offrì una puja a Vishnu, che si incarnò sotto forma di Krishna nel bambino appena nato, ma durante i festeggiamenti Parvati invitò Sani, figlio del dio Surya, il sole, a guardarlo, dimenticandone i poteri fatali: il suo sguardo incenerì la testa del bambino, che fu sostituita con quella di un elefantino; o ancora, il figlio di Parvati ricevette la testa di Gajasura, uno spiritello dispettoso con sembianze di elefante che, approfittando della facilità con cui Shiva concede sempre grazie ai propri devoti, aveva ottenuto di poter tenere il dio nel proprio ventre. Dopo averlo liberato, l’asura gli chiese di esaudire ancora un desiderio: che la propria testa fosse adorata come una divinità.

Ad accomunare tutte le diverse “traduzioni” del mito, vi sono sempre la generazione del figlio ad opera soltanto della madre Parvati, e la simbologia delle sembianze d’elefante, metafora dell’unione profonda tra umano ed animale, che rendono Ganesha una straordinaria rappresentazione dell’ibridità e dell’alterità […].

È dalla propria testa di elefante che Ganesha ruppe una zanna, dimostrando un grande amore nell’impegno di “traduttore” del Mahābhārata:

Il saggio Vyāsa, che per tutta la sua vita aveva sempre mantenuto fede ai propri voti e osservato le pratiche delle ascesi spirituali, studiò con grande attenzione e serietà l’eterna conoscenza contenuta nei Veda, testi che a quel tempo non erano ancora stati messi per iscritto, ma erano ripetuti solo in forma orale. […] Nella sua mente vasta e profonda come l’oceano, la storia che avrebbe poi chiamato Mahābhārata prese corpo, con tutte le sue delicate forme espressive e i suoi concetti divini racchiusi nell’incalzare delle vicende. Dal giorno in cui il saggio aveva cominciato a meditare e a richiamare nella sua mente il Mahābhārata erano trascorsi diversi anni e, quando alla fine lo ebbe terminato, ritenne opportuno metterlo per iscritto in modo da divulgarlo tra le genti. In quei giorni in suo aiuto venne il Deva Ganesha che fu ben felice di accettare l’incarico di scrivano (I,2).

Vyāsa e Ganesha si erano reciprocamente promessi di non si fermarsi mai durante la stesura del poema; quando la sua penna si spezzò, il dio non esitò a rompere una delle proprie zanne per intingerla nell’inchiostro, per questo è chiamato anche Ekadanta, colui che ha una sola zanna. Se ogni traduttore mette nel proprio lavoro una parte di sé, Ganesha ci ha messo anche la zanna… […]

Amore, intelligenza o entrambi? Cosa muove il piccolo Ganesha, nella giocosa sfida lanciata da Shiva per assegnare un mango come premio al primo tra i due figli capace di compiere velocemente un giro del mondo? Mentre Skanda - o Kartikeya, figlio minore di Parvati e Shiva, fratello di Ganesha - si lancia in un vorticoso viaggio intorno al pianeta, sulle ali del suo pavone, Ganesha gira attorno ai genitori, pretendendo il mango, perché Parvati e Shiva sono tutto l’universo: il microcosmo ed il macrocosmo coincidono. È questo il senso più profondo della simbologia di Ganapati, in cui il corpo umano incarna il microcosmo, la testa dell’elefante esprime la coscienza dell’universo, l’Atman che tutto pervade, e la loro comunione esprime la non dualità della formula upanisadica tat tvam asi: tu sei quello. Ulteriori significati sono dati dalle grandi orecchie, simili ai setacci per dividere il grano dalla pula, simbolo del discernimento, e dalla costante presenza di un piccolo topo, Mūsika Vāhana, capace di vedere al buio e muoversi anche nell’oscurità, superando l’ignoranza".





lunedì 10 settembre 2012

Ahimsa e alimentazione








“Di fronte a colui che è fermamente stabilito nell’ahimsa, spontaneamente tutti abbandonano l’ostilità e la violenza”. Yoga Sutra, II, 35

«La natura desiderabile di questa siddhi è evidente. Ovunque uno yogi perfetto nell’ahimsa si trovi, non può sorgere nessuna ostilità, e se è già presente in qualche forma, alla comparsa dello yogi cesserà spontaneamente. La perfezione nell’ahimsa è la realizzazione vivente della preghiera di San Francesco, ed è veramente uno strumento di pace divina. […] Molte volte è stato osservato che in presenza di saggi perfetti, gli animali selvatici diventano docili, anche amichevoli, non solo verso gli esseri umani ma anche verso i loro nemici abituali e le prede. “In presenza di colui che segue l’ahimsa, anche nemici naturali come il serpente e la mangusta rinunciarno al loro antagonismo”, dice Shankara. Molti esseri umani dall’indole violenta sono diventati pacifici e gentili dopo il contatto con un santo che fosse perfettamente realizzato nell’ahimsa».

da Swami Nirmalananda Giri, Commento agli Yoga Sutra di Patanjali

«La dieta vegetariana trova le sue antiche radici nel concetto di ahimsā, ovvero il non nuocere in alcun modo ad alcun essere vivente, comune a molte correnti del Sanātana dharma, del buddhismo e del giainismo, che recepivano uno dei principi fondamentali della filosofia yoga (Yoga Sūtra, II, 30): “rinunciare ad ogni uccisione o crudeltà verso gli animali” (Shiva Samhitā, III, 33). Già lo Yajurveda recitava: “mangiare la carne di un cavallo o di altri animali è proibito da questi versi. Coloro che mangiano la carne degli animali dovrebbero estinguersi. Coloro che allevano e rendono utili gli animali meritano lodi; gli animali come i cavalli non dovrebbero essere uccisi, né le loro carni cucinate per essere mangiate (Yajurveda, XX, 30, 37).
[…] Nella tradizione vedica, invece, non vi è un animale più sacro degli altri, poiché tutto è partecipe di un’armonia cosmica; nella Bhagavadgītā, che evidenzia il passaggio dai riti sacrificali cruenti all’offerta di frutti della natura, il dio Krisna spiega ad Arjuna: “se qualcuno mi offre con devozione una foglia, un fiore, un frutto o dell’acqua, io accetto tale offerta fatta con amore da chi ha l’animo puro; tutto quello che si fa, tutto ciò che si mangia, tutto ciò che si offre, quali che siano le privazioni che si possano eseguire, o figlio di Kunti, deve essere fatto come se si trattasse di restituirmi qualcosa che io ti abbia dato (Bhagavadgītā, IX, 26-27). Ogni frutto della natura è un dono divino, perciò il cibo è considerato sacro e l’alimentazione fondamentale sia per l’equilibrio fisico che per l’equilibrio spirituale; pertanto, prima di essere cucinati, gli alimenti dovranno essere purificati lavandoli scrupolosamente, recitando i mantra».






lunedì 3 settembre 2012

Bhagavad Gita











Il Mahabharata è antichissimo e vasto, lungo sette volte l’Iliade e l’Odissea messe insieme, tre volte la Bibbia, con i suoi centomila versi è uno dei più lunghi poemi mai scritti. Al suo interno, settecento quartine di ottonari che hanno influenzato la storia dell’India ma anche quella del mondo intero: la Bhagavad-Gita, “Il canto del glorioso signore”, è un vero e proprio manuale d’istruzioni per vivere, scritto probabilmente nel II secolo a.C e proveniente da una tradizione orale precedente, secondo alcuni risalente a migliaia di anni prima.

Secondo la Bhagavad-Gita, peraltro articolata e ricca di sfumature, ognuno ha un suo dovere e un suo ruolo nel mondo, e deve compierlo con la massima devozione, senza alcun attaccamento al risultato, semplicemente dedicando in modo sincero le sue azioni al divino. Il poema, per usare le parole di Gandhi, “descrive la battaglia che sempre infuria tra gli infiniti Kaurava e Pandava che abitano dentro di noi. È una lotta tra le innumerevoli forze del bene e del male che si personificano in noi come vizi e virtù”.
La Bhagavad-Gita è un coraggioso invito alla vita attiva, con alcune fondamentali istruzioni pratiche sullo Yoga in quanto tecnica per imparare il controllo della mente e del corpo: “lo yoga che pone fine alla sofferenza è per chi è misurato nel cibo e nel divertimento, è misurato nelle sue azioni, è misurato nel sonno e nella veglia”. (VI 17)

lunedì 27 agosto 2012

Shiva e Shakti

















"La radice sanscrita Śa è, al tempo stesso, principio dell’immutabilità e della trasformazione; Shakti è il cambiamento dell’immutabilita, mentre Shiva è l’immutabile che costituisce la base del cambiamento. L’esperienza di unità tra l’immutabile ed il mutevole supera la dualità, fino al punto che Shiva e Shakti, pur essendo due figure distinte, sono la stessa realtà.

Un eremita dal corpo cosparso di cenere azzurra, dai lunghi capelli arruffati, con un serpente avvolto intorno al collo, incoronato solo dalla luna, così nell’iconografia è raffigurato Shiva, mentre Parvati indossa un elegante sari rosso ed è adornata da gioielli; insieme sono simboli di rinuncia e di abbondanza, di austerità e di prosperità, che non sono principi opposti, anzi non possono darsi separatamente: non può esserci prosperità e abbondanza senza rinuncia e austerità. Nella prospettiva filosofica vedica, l’Ātman, il Sé cosmico, è l’essenza di tutte le forme e di tutti gli esseri viventi, dunque la conoscenza non si esprime attraverso il linguaggio della logica oppositiva: Shiva è l’immanifesto e Shakti il manifesto, Shiva la staticità e Shakti il dinamismo, Shiva il senza forma e Shakti la forma, Shiva la coscienza e Shakti l’energia, ma non vi è alcuna contrapposizione, poiché tutto è partecipe dello stesso Atman, esente da dualità, dato che essa comporterebbe una limitazione. Se definire è limitare, separando dal simile o dal dissimile, l’Atman non potrà essere definito nei termini di nessuna categoria: “Neti, Neti”, non sei questo, non sei quello, recitano le Upanisad"

da "L'elefante e la metropoli" di Luca Cangemi.

sabato 18 agosto 2012

calendario meditazioni della luna piena

Shiva Chandrashekara, Signore coronato dalla Luna





















meditazione universale della luna piena

prossime date di plenilunio:
31 agosto 2012
30 settembre 2012   
29 ottobre 2012   
28 novembre 2012   
28 dicembre 2012
27 gennaio 2013   
25 febbraio 2013
27 marzo 2013   
25 aprile 2013   
25 maggio 2013   
23 giugno 2013   
22 luglio 2013


per l'Italia, ore 21

Chandrashekara Ashtakam, inno a Shiva coronato dalla Luna

venerdì 10 agosto 2012

Janmashtami, il compleanno di Krishna




"Janmashtami (nascita di Krisna) si celebra nell'ottavo giorno di luna calante. Festa particolarmente solenne è quella del compleanno di Krisna, il più popolare fra tutti gli avatara di Visnu, la cui nascita avvenne, secondo la tradizione, a mezzanotte dell'ottavo giorno di luna calante del mese di Bhadrapada nella città di Matura; in occasione di questa festa, che è celebrata con molta solennità anche a Vrndavana, dove Krisna trascorse la fanciullezza, i devoti digiunano fino alla mezzanotte, mentre nei templi e nelle case si rappresentano scene della vita del dio".  (Stefano Piano, Sanatana Dharma, un incontro con l'induismo)

Una delle tante versioni del mito narra che Krishna, dopo la nascita - per essere salvato dalla minaccia di uno zio, sovrano crudele e tiranno che, temendo che il nipote avrebbe usurpato il suo trono, voleva farlo uccidere - fu deposto in un cesto ed affidato alle acque del fiume Yamuna, dalle quali fu raccolto da una coppia di pastori, Yashoda e Nanda, che lo adottarono. Crebbe felicemente a Vrindavan facendo il pastore in compagnia delle Gopi, le pastorelle che giocavano con lui e si innamoravano di questo bellissimo giovane e del suono dolcissimo del suo flauto.


Natwar nagar nanda bhajo re man Govinda è il mantra devozionale del Janmashtami.


 



domenica 5 agosto 2012

tumi bhaja re mana - mantra per la meditazione








Om Shri Ram
Tumi Bhaja re Mana,
Tumi Japa re Mana.
Om, Shri Ram Jaya Ram
Japa re Mana

Om divino signore
sempre canto nella mente
sempre ripeto nella mente
Om evviva il divino signore
ripeto nella mente

venerdì 3 agosto 2012

Mera Baid Guru Govinda - mantra per la salute















Mera Baid Guru Govinda

il mio medico è il Guru Signore dell'Universo

Har Har Nam Auokhadh Mukh Dhaevai
Kattai Jam Ki Fandhaa

Egli colloca la medicina del Nome nella mia bocca e distrugge la trappola della morte

Mera Baid Guru Govinda

il mio medico è il Guru Signore dell'Universo

Janam Janam Kae Dhukh Nivaarai
Sukha Man Saadharaarai

Egli cancella i dolori delle innumerevoli incarnazioni e dà sostegno alla mente avvizzita

Dharasan Bhaettath Hoth Nihaalaa
Har Kaa Naam Vichaarai

mi abbandono alla sua sacra visione, contemplando il nome del Signore

Mera Baid Guru Govinda

il mio medico è il Guru Signore dell'Universo

Har Har Nam Auokhadh Mukh Dhaevai
Kattai Jam Ki Fandhaa

Egli colloca la medicina del Nome nella mia bocca e distrugge la trappola della morte

Mera Baid Guru Govinda

il mio medico è il Guru Signore dell'Universo

Samarath Purakh Puran Bidhaathae
Aapae Karanaihaaraa

Egli è l'onnipotente Signore perfetto, artefice del destino, creatore del tutto

Apuna Dhaas Har Aap Oubaariaa
Naanak Naam Adhaaraa

Il Signore dà la salvezza al suo discepolo, Guruji dà il suo sostegno del sacro Nome.



martedì 31 luglio 2012

Krishnamurti: la meditazione

















"...se hai intenzione di meditare, non sarà meditazione ... se assumi deliberatamente un atteggiamento, una posizione, per meditare, allora la meditazione diventa un giocattolo, un trastullo della mente. Se decidi di districarti dalla confusione e dall'infelicità della vita, allora diventa un'esperienza dell'immaginazione — e questa non è meditazione. La mente conscia o la mente inconscia non debbono aver parte in essa; non devono neppure essere consapevoli dell'estensione e della bellezza della meditazione. Nella totale attenzione della meditazione non c'è alcuna conoscenza, alcun riconoscimento, né il ricordo di qualcosa che sia già avvenuta. Il tempo e il pensiero sono totalmente cessati, poiché sono il centro che limita la propria visione ... la meditazione non è la semplice esperienza di qualcosa al di là del pensiero e del sentimento di ogni giorno, né la ricerca di visioni e beatitudini ... La meditazione non è fuga dal mondo; non è un isolarsi e chiudersi in sé, ma piuttosto la comprensione del mondo e delle sue vie ... Meditare è deviare da questo mondo ... Dalla negazione nasce lo stato affermativo. Il semplice ottenere l'esperienza, o vivere nell'esperienza, nega la purezza della meditazione. La meditazione non è un mezzo per un fine ... La meditazione è la cessazione del pensiero ... Tutto ciò che il pensiero formula ha in sé il limite dei suoi confini, il pensiero ha sempre un orizzonte, la mente meditativa non ne ha, l'uno deve cessare perché l'altro possa essere. La meditazione apre la porta ad una vastità che trascende ogni immaginazione o congettura. Il pensiero è il centro intorno al quale c'è lo spazio dell'idea, e questo spazio può essere allargato da ulteriori idee. Ma tale allargamento mediante stimoli di ogni sorta non è la vastità in cui non c'è alcun centro. La meditazione è la comprensione di questo centro e quindi il suo superamento. Il silenzio e la vastità vanno insieme. L'immensità del silenzio è l'immensità della mente in cui non esiste un centro. La percezione di questo spazio-silenzio non procede dal pensiero. Il pensiero percepisce soltanto la sua proiezione, e il riconoscimento di essa è il suo confine ... La meditazione non è un'attività dell'isolamento, ma l'azione nella vita quotidiana che esige cooperazione, sensibilità ed intelligenza. Senza il fondamento di una vita retta la meditazione diventa una fuga e non ha alcun valore. Una vita retta non è l'obbedienza alla morale sociale, ma la libertà dall'invidia, dalla cupidigia e dalla ricerca del potere — che generano inimicizia. La libertà da questi mali passa attraverso la consapevolezza che di essi si acquista mediante l'autoconoscenza. Senza conoscere le attività del sé la meditazione diviene esaltazione dei sensi e perde ogni significato ... La meditazione non è una continuazione o una espansione dell'esperienza. La meditazione, al contrario, è quella completa inazione che è la cessazione di tutta l'esperienza. L'azione dell'esperienza ha le sue radici nel passato ... la meditazione è lo svuotarsi dell'esperienza, è la totale inazione che proviene dalla mente che vede ciò che è, senza l'ostacolo del passato né del testimone che vive legato alla memoria del passato ... Se non c'è meditazione, sei come un cieco in un mondo di grande bellezza, luci e colori ... Meditare non è ripetere parole, sperimentare visioni o coltivare il silenzio. Questa è una forma di autoipnosi. Meditare non è chiudersi in un pensiero ideale, nell'incanto del piacere. Se tu dici: "Oggi comincerò a controllare i miei pensieri, a sedere quieto nella posizione del meditare, a respirare regolarmente" — allora sei preso nei trucchi con cui inganniamo noi stessi. La meditazione non è l'essere assorti in qualche idea o immagine grandiosa ... La mente meditativa è vedere, osservare, ascoltare senza la parola, senza commento, senza opinione — attentamente e costantemente — il movimento della vita in ogni suo rapporto; allora sopraggiunge un silenzio che è negazione del pensiero, un silenzio che l'osservatore non può richiamare. Se ne facesse esperienza, riconoscendolo, non sarebbe quel silenzio. Il silenzio della mente meditativa non è nei confini dell'individuabilità, e non ha frontiere ... La meditazione necessita della libertà — che è totale negazione della morale e dei condizionamenti sociali — la libertà viene prima della meditazione, ne rappresenta il primo movimento. Non è una pratica pubblica dove in molti si uniscono e offrono preghiere. Sta a sé ed è sempre al di là dei confini della condotta sociale. Infatti la verità non è nelle cose del pensiero o in ciò che il pensiero ha costruito e chiama verità. La negazione totale di questa struttura del pensiero è la realtà della meditazione. La meditazione è un movimento incessante. Non si può mai dire che si sta meditando, o dedicare un periodo di tempo alla meditazione. La meditazione non è ai tuoi ordini. La sua benedizione non ti viene perché conduci una vita per così dire sistematizzata o segui una particolare routine o morale. Viene solo quando il tuo cuore è veramente aperto. Non aperto dalla chiave del pensiero, non reso sicuro dall'intelletto, ma quando è aperto come il cielo senza nuvole; allora viene senza che tu lo sappia, senza che tu la chiami. Ma non puoi mai custodirla, possederla, adorarla. Se cercherai di farlo, non verrà più, ti eviterà. Nella meditazione tu non sei importante, non occupi un posto; la sua bellezza non sei tu, la sua bellezza è in sé..."

da Jiddu Krishnamurti - "Sul meditare e la meditazione".



domenica 22 luglio 2012

Teej, la festa di Parvati in Nepal












Oggi è la festa di Teej. A Kathmandu tutte le strade attorno al grande Tempio Pashupati dedicato a Shiva, di solito piene di automobili, di moto e di mucche, oggi sono dei viali pedonali, dove sfilano leggiadre centinaia di donne in festa.
Il giorno di Teej è una grande celebrazione in onore della dea Parvati, compagna del dio Shiva: oggi le donne ne invocano la benevolenza e la onorano.
Le donne digiunano tutto il giorno in onore di Parvati, indossano il sari rosso e i loro migliori gioielli, decorano le mani con i mehendir di henne e si recano al tempio di Shiva per chiedergli felicità per le loro relazioni sentimentali.
Ad ogni angolo della strada gruppi festanti di donne cantano e ballano, mentre un lunghissimo fiume rosso di meravigliose Parvati terrene si snoda lungo le mura della parte interna del tempio.
Kathmandu oggi è un tripudio di colore, una rossa città delle donne.

giovedì 12 luglio 2012

yoni mudra










Sedete in siddhasana. Chiudete le orecchie con i pollici, gli occhi con gli indici, le narici con le dita medie, le labbra superiori con gli anulari e le labbra inferiori con i mignoli. Questa è una bella posizione per fare japa. Immergetevi profondamente e meditate sui sei chakra e Kundalini. Questo mudra non è davvero facile per tutti come gli altri mudra. Dovete sforzarvi molto per avere successo in questo. Se volete un successo sicuro, dovete essere perfettamente stabiliti nel brahmacharia. Devanamapi durlabha - Molto difficile da essere ottenuto perfino dagli dei. Perciò, realizzate l'importanza di questo mudra e praticatelo con molta cautela.
(Sivananda)

domenica 24 giugno 2012

tulasi, basilico sacro















Il Tulasi o Tulsi è considerata un'erba sacra da migliaia di anni. Nel Padmapurana (24.2), Shiva dice: “Oh Narada, dove cresce Tulsi non c'è miseria. Tulsi è la più sacra tra le cose sacre. Dovunque la brezza spiri la sua fragranza, c'è purezza. Vishnu elargisce benedizioni a chi cura e coltiva Tulsi. E' sacro perché Brahma abita le sue radici, Vishnu è nel suo stelo e nelle foglie e Rudra risiede nei fiori”.

L'origine del tulsi (basilico) nella mitologia indiana viene associata a Vrinda, la virtuosa moglie del potente demone Jalamdhara, che aveva ottenuto da Brahma l'invincibilità a patto che sua moglie gli restasse sempre fedele. La fedeltà di Vrinda era nota a tutti e Jalamdhara, sentendosi sicuro di ciò e della sua conseguente invincibilità, chiese per sé il gioiello di Indra. Indra non voleva cedere il gioiello e chiese aiuto a Shiva, il quale apparve a Vrinda assumendo le sembianze di un giovane dall'aspetto irresistibile, ma ella lo cacciò. Allora intervenne Vishnu che prese le sembianze dello stesso Jalamdhara. A questo punto, presa dall'inganno, Vrinda cedette e Jalamdhara perse la sua invincibilità. La donna disperata maledì Vishnu, che fu trasformato in pietra di ammonite e Vishnu, a sua volta, maledì Vrinda che si tramutò nella pianta del basilico sacro.

Un'altra leggenda racconta come in seguito ad una terribile catastrofe, andarono perduti negli abissi oceanici moltissimi tesori. Per recuperarli gli Dei e i Demoni decisero di frullare l'oceano e, a tale scopo, utilizzarono il monte Mandare e il serpente Vasuki come cintura per far roteare il monte. Tirando il serpente Vasuki attorcigliato attorno al monte, incominciarono a frullare l'oceano da quale sorsero i quattordici tesori tra cui l'amrita, il nettare dell'immortalità, Dhanvantari, il Dio dell'ayurveda, custode del nettare, Airavata, l'elefante bianco di Indra, Surabhi, la vacca dell'abbondanza, Kaustabha, un prezioso gioiello, Lakshmi, la Dea della prosperità e il tulsi che è, dunque, tra i più grandi tesori di cui si possa disporre.

Le foglie di basilico vengono usate nei riti quotidiani  dedicati a Vishnu per il benessere della famiglia. Per recitare i mantra si utilizzano i mala (rosari) con un filo di 108 grani, spesso fatti proprio con i semi del tulsi. Il mala fatto di tulsi possiede il potere di purificare l’aura e aumentare il potere spirituale della preghiera e protegge ed aiuta nell’apprendimento dello Bhakti Yoga, lo Yoga della devozione. Esistono due tipi di Tulasi: Tulasi bianco, conosciuto come Rama Tulasi e il Tulasi nero, conosciuto come Shyama o  Krishna Tulasi.

Secondo la tradizione cristiana, l'origine della pianta si riaggancia a due leggende. La prima vuole che il basilico sia nato nel vaso dove Salomé aveva sotterrato la testa di Giovanni Battista, mentre la seconda racconta che fu trovato dalla regina Elena, madre dell'imperatore Costantino, sul luogo della crocifissione di Gesù e da lei diffuso in tutto il mondo. Racconti leggendari descrivono la tomba di Cristo Risorto arricchita da numerose piantine di Basilico, che ancora oggi vengono disposte ad ornare gli altari delle chiese ortodosse.

lunedì 18 giugno 2012

viparitakarani mudra





















Stendetevi sul terreno. Sollevate le gambe dritte in alto. Sostenete le natiche con le mani. Poggiate i gomiti sul terreno. Rimanete fermi. Il sole sta alla radice dell'ombelico e la luna alla base del palato. Il processo per cui il sole è portato in alto e la luna in basso si chiama Viparitakarani mudra. Le posizioni del sole e della luna sono capovolte. Il primo giorno fatelo per un minuto; aumentate gradualmente questo periodo fino a tre ore. Dopo sei mesi scompaiono le rughe sul viso e i capelli grigi. Lo yogi che lo pratica per tre ore al giorno conquista la morte. Poiché viene aumentato il fuoco gastrico, quelli che praticano questo mudra per lungo tempo devono prendere qualche leggero rinfresco, come latte, ecc., non appena finito il kriya. La posizione sirshasana è chiamata pure viparitakarani mudra.
(Sivananda)

domenica 10 giugno 2012

yoga mudra
















Sedete in padmasana. Poggiate le palme delle mani sulle ginocchia. Esalate lentamente curvandovi in avanti, e toccate il terreno con la fronte. Se tenete la posizione per lungo tempo, potete respirare come di solito; oppure ritornate nella posizione di prima e inalate. Invece di tenere le mani sulle ginocchia, potete portarle sul dorso e afferrare il polso sinistro con la mano destra. Questa posizione elimina tutti i tipi di disordini dell'addome.
(Sivananda)

domenica 3 giugno 2012

Shiva tandava stotram







Jatatavee gala jjala pravaha pavitha sthale,
Gale avalabhya lambithaam bhujanga thunga malikaam,
Dama ddama dama ddama ninnadava damarvayam,
Chakara chanda thandavam thanothu na shiva shivam.
Jata kataha sambhramabrama nillimpa nirjari,
Vilola veechi vallari viraja mana moordhani,
Dhaga dhaga daga jjwala lalata patta pavake,
Kishora Chandra shekare rathi prathi kshanam mama.
Dara darendra nandini vilasa bhandhu bhandura,
Sphuradigantha santhathi pramodha mana manase,
Krupa kadaksha dhorani niruddha durdharapadi,
Kwachi digambare mano vinodhamethu vasthuni.
Jada bhujanga pingala sphurath phana mani prabha,
Kadamba kumkuma drava praliptha digwadhu mukhe,
Madhandha sindhura sphurathwagu utthariya medhure,
Mano vinodhamadhbutham bibarthu bhootha bharthari.
OM Namah Shivaya
Sahasra lochana prabhoothyasesha lekha shekhara,
Prasoona dhooli dhorani vidhu sarangri peedabhu,
Bhujangaraja Malaya nibhadha jada jhootaka,
Sriyai chiraya jayatham chakora bandhu shekhara.
Lalata chathwara jwaladhanam jaya sphulingabha,
Nipeetha pancha sayagam saman nilimpanayakam,
Sudha mayookha lekhaya virajamana shekharam,
Maha kapali sampade, siro jadalamasthu na.
Karala bhala pattika dhagadhaga jjwala,
Ddhanam jayahuthi krutha prachanda pancha sayage,
Dharadharendra nandhini kuchagra chithrapathraka,
Prakalpanaika shilpini, trilochane rather mama.
Naveena megha mandali nirudha durdharath sphurath,
Kahoo niseedhi neethama prabhandha bandha kandhara,
Nilimpa nirjari darsthanothu kruthi sindhura,
Kala nidhana bandhura sriyam jagat durandhara.
OM Namah Shivaya
Prafulla neela pankaja prapancha kalima prabha,
Valambhi kanda kanthali ruchi prabandha kandharam,
Smarschidham puraschidham bhavaschidham makhachidham,
Gajachidandakachidham tham anthakachidham bhaje.
Agarva sarva mangalaa kalaa kadamba manjari,
Rasa pravaha madhuri vijrumbha mana madhu vrtham,
Suranthakam, paranthakam, bhavanthakam, makhandakam,
Gajandhakandhakandakam thamanthakanthakam bhaje.
Jayathwadhabra vibramadbujaamga maswasath,
Vinirgamath, kramasphurath, karala bhala havya vat,
Dhimi dhimi dhimi dhwanan mrudanga thunga mangala,
Dhwani karma pravarthitha prachanda thandawa Shiva.
Drusha dwichi thra thalpayor bhujanga moukthika srajo,
Garishta rathna loshtayo suhrudhwi paksha pakshayo,
Trunara vinda chakshusho praja mahee mahendrayo,
Samapravarthika kadha sadashivam bhajamyaham.
Kada nilampa nirjaree nikunja kotare vasan,
Vimuktha durmathee sada sirasthanjaleem vahan,
Vilola lola lochano lalama bhala lagnaka,
Shivethi manthamucharan kada sukhee bhavamyaham.
Imam hi nithya meva muktha muthamothamam sthavam,
Padan, smaran broovan naro vishudhimethi santhatham,
Hare Gurou subhakthimasu yathi nanyadha gatheem,
Vimohinam hi dehinaam sushakarasya chithanam,
Vimohinam hi dehinaam sushakarasya chithanam.