I nostri pensieri divengono il nostro mondo. Noi diventiamo ciò che pensiamo. Questo è l'eterno mistero. (Maitri Upanisad)

venerdì 29 aprile 2011

Asato Ma mantra - il mantra della conoscenza interiore

 















ASATO MA SAT GAMAYA
TAMASO MA JYOTIR GAMAYA
MRITYUR MA AMRITAM GAMAYA

Dall’irreale conducimi al reale, 

dalle tenebre alla luce, dalla morte all'immortalità.

giovedì 21 aprile 2011

la saggezza delle Upanisad (estratti - testo italiano)











LA RINUNCIA
Il savio dovrebbe comportarsi come un fanciullo, assumere il modo di essere proprio di un fanciullo: non si circondi di compagnia, sia esente da biasimo, osservi il silenzio rituale, si valga della propria sagacia e non si ponga alcun limite. In tal modo si ottiene l'isolamento di chi è liberato, secondo quanto dice lo stesso demiurgo divino, il Signore degli esseri soggetti a nascita, Prajapati. Avendo conosciuto con certezza questa sede colma di maestà l'accorto prenda dimora presso le radici d'un albero, si vesta di cenci, osservi la solitudine e da solo s'immerga nella pratica della concentrazione dell'attenzione. Desideroso di conoscere il Sé, egli lo conseguirà e diverrà affatto privo di desideri: le sue brame verranno meno. Non proverà timore di alcuno in alcun modo, pur riconoscendo la forma stessa della morte in esseri quali elefanti, leoni, tafani, zanzare, manguste, serpi, demoni nottivaghi e musici celesti. Saldo come un albero resisterà, e dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Saldo come una roccia resisterà, e dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Saldo come lo spazio resisterà, e dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Grazie alla verità sarà in grado di resistere, perché il Sé non è che verità. La terra è il cuore di tutti gli odori, l'acqua è il cuore di tutti i sapori, il fuoco è il cuore di tutte le forme, il vento è il cuore di tutti i contatti, lo spazio è il cuore di tutti i suoni, il principio immanifesto è il cuore di tutti i canti di lode, la morte è il cuore di tutto ciò che è. La morte invero diviene tutt’uno con la divinità suprema. Al di là di quest'ultima non vi è essere né non essere e neppure essere e non essere. Questa è l'esposizione dell'estinzione dei legami, questa è l'esposizione della scienza sacra rivelata, sì, questa è l'esposizione della scienza sacra rivelata.
Subalopanisad XIII

Ed ecco che un tempo Narada, vanto dell'ordine degli asceti peregrinanti, vagava per tutti i mondi rendendo col suo solo sguardo puri i luoghi di pellegrinaggio che gli capitava per avventura di visitare: aveva ottenuto la purezza mentale, giacché era esente da animosità, sereno, libero dal richiamo dei sensi. Egli scorse la selva di Aimisa, ricettacolo di virtù, piena d'asceti silenziosi dediti alla contemplazione del loro essere che avevano ottenuto la beatitudine che deriva dal controllo di se. Ed egli vi entrò recitando storie su Hari, e salmodiando le sette note della scala musicale, che è in grado di infondere il disgusto per l'universo manifesto e di generare il distacco, nonché di instillare la devozione per il Signore negli esseri mobili ed immobili. Ed affascinò le schiere degli esseri ivi convenuti: uomini, cervi, centauri, dei, creature semidivine, ninfe celesti. Ed avendo scorto il devoto del Signore, Narada il nato da Brahma, Saunaka e gli altri sommi tra i veggenti, da ben dodici anni intenti ad officiare sacrifici solenni, abili della recitazione del verbo sacro rivelato, onniscienti, insuperabili nella pratica dell'ascesi, dotati della gnosi che conferisce il distacco, levatisi in piedi gli resero omaggio. Avendogli chiesto col dovuto rispetto di sedersi anch'essi si misero seduti e gli si rivolsero così: "O Signore, figlio di Brahma, quale sarà il mezzo atto a conferirci la salvezza? Esponicelo dunque". Così interpellato Narada disse loro: "Bisogna nascere da buona famiglia, e, sottopostisi ai quarantaquattro riti di consacrazione a partire dall'iniziazione, si dovrebbe studiare, sotto la guida di un maestro spirituale cui si sia devoti, la scienza sacra quale viene esposta dalla scuola cui si risulta affiliati. Compiuto in tal modo in capo a dodici anni lo studio di tutte le branche del sapere, ed avendo in tal periodo soddisfatto il desiderio di udire la parola sacra e rispettato il codice di condotta del novizio sacerdotale, improntato alla castità, per i venticinque anni successivi si dovrebbero seguire le norme che regolano il comportamento del capofamiglia. Per altri venticinque anni ci si dedichi alla regola di vita di chi si rifugia nella selva per cercarvi edificazione spirituale. Avendo così rettamente praticato nell'ordine prescritto la quadruplice regola del noviziato sacerdotale, la sestuplice vita del capofamiglia, e la quadruplice norma di chi prende rifugio nella selva, ed avendo adempiuto tutti i doveri che pervengono rispettivamente a questi stati, si abbracci la quadruplice via della rinuncia al mondo. Il rinunciante che ripudi il desiderio insieme ad ogni forma di azione, corporea, vocale o mentale, in quest'universo soggetto alla trasmigrazione, rigettando del pari le impressioni subconscie che spingono verso la brama di vivere, e sia privo di malizia e fornito altresì di quiete interiore e mansuetudine, indisturbato nella disciplina di vita dell'ordine ascetico che prende il suo nome dall'anatra selvatica che simboleggia ad un tempo il Brahman e il principio cosciente, abbandona la sua spoglia mortale nella contemplazione del modo proprio di essere del suo stesso Sé. Questi si libera, questi si libera: questo l'insegnamento che vi impartisco".
Naradaparivrajakopanisad I

Chi non indugia a ricordare i piaceri trascorsi e non brama quelli di là da venire, né si rallegra per quelli presenti, dimora nello stadio di vita della rinuncia. Chi, pur essendo ancora unito al corpo, non si cura di piacere e dolore proprio come se il suo soffio vitale si fosse dipartito da lui, dimora nello stadio di vita della rinuncia. Un asceta dell'ordine supremo dovrebbe indossare un paio di pezze di stoffa a mò di perizoma, una veste cenciosa, e portar con sé un bastone. Null'altro è prescritto oltre a ciò. S'egli bramasse indossare altre vesti, certo dopo esser sprofondato in un terribile inferno sarebbe condannato a rinascere nel grembo di un animale bruto.
Naradaparivrajakopanisad III 25 - 29.

Al momento di intraprendere la scelta di vita della rinuncia al mondo l'asceta dovrebbe recitare i sacri insegnamenti sino a pervenire a una sufficiente purificazione dell'organo mentale. Poi, abbandonati senza indugi alle acque il perizoma che gli cinge la vita, la fascia intorno alle pudenda, il bastone, la veste e la ciotola per la questua del cibo, prenda a vagare così com'è uscito dal grembo di sua madre, senza il più piccolo cencio indosso. Non pronunci altro nome che la sillaba sacro simbolo dell'assoluto, non dica nulla né ascolti alcunché. Si astenga dallo studiare la logica o la grammatica. Non sia troppo loquace: la verbosità non avrebbe altro risultato che affaticare il suo organo vocale. Si limiti a comunicare a gesti adoperando le mani, non si rivolga a persone di infima estrazione sociale o a donne. Non prenda parte del culto delle divinità, e si astenga del pari dall'assistere a feste religiose o dal partecipare a pellegrinaggi a luoghi sacri. (...) Non traversi un fiume usando le mani per nuotare, non salga sugli alberi, non monti su di un carro. Non compri e non venda alcunché, non partecipi ad alcuno scambio. Rifugga dall'ipocrisia, dalla menzogna. Non faccia assolutamente nulla. Se dovesse compiere qualche azione ciò ingenererebbe una inaccettabile confusione di ruoli: l'unica attività che colui che rinuncia può svolgere è la meditazione e simili. (...) Se si dedicasse allo studio di trattati estranei alla sua brama di conoscere il Sé, sarebbe inutile e patetico, come un cammello tutto adornato di belletto ottenuto con polvere di zafferano.
Naradaparivrajakopanisad V vi.d-f, viii.e-f, xiii f


L'ILLUSIONE COSMICA
Il mondo in realtà non esiste. Il Brahman è sostanziato di perpetua beatitudine, ed è eterno e a sé stante, sciolto da ogni legame. E’ infinito, imperituro, quieto. Se pur vi fosse alcunché di diverso da me, sarebbe falso come una fata morgana nel deserto. Se si potesse essere spaventati dalle parole del figlio d'una donna sterile, allora si potrebbe dire che il mondo esiste. Se un maestoso elefante potesse essere ucciso da un corno di lepre, allora si potrebbe dire che il mondo esiste. Se ci si potesse ristorare bevendo l'acqua d'un miraggio, allora si potrebbe dire che il mondo esiste. Se si potesse soccombere sotto i colpi del corno d'un uomo, allora si potrebbe dire che il mondo esiste. Il mondo esiste eternamente solo nella veridica città celeste. Una volta provata la reale esistenza nel cielo del suo essere azzurro, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando si potrà foggiare un gioiello con la madreperla facendola passare per argento, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando un uomo verrà morso dalla fune scambiata per una serpe, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando si potrà spegnere una lingua di fuoco con una freccia d'oro, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando dalle selve impenetrabili dei monti Vindhya si otterranno latticini, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando si potrà cucinare usando come combustibile un pezzo di tronco di banano, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando una bimba appena nata riuscirà a cucinare, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando la lucerna effigiata in un dipinto riuscirà a dissipare la tenebra, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando un uomo defunto da un mese si risveglierà la vita, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando la cagliata tornerà latte, quando il latte una volta munto dalle mammelle di una vacca potrà rientrarvi, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando la polvere della terra si alzerà dall'oceano, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando si riuscirà a impastoiare un elefante infoiato con un pelo di tartaruga, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando il monte Meru verrà squassato dalla fibra d'uno stelo di loto, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando l'oceano sarà legata dalla ghirlanda delle sue onde, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando il fuoco si sprigionerà dall'alto in basso, quando la fiamma sarà fredda, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando dal fuoco sorgerà un loto, quando sulle maestose montagne si troverà lo zaffiro, quando il monte Meru potrà poggiare su di un seme di loto, quando la progenie d'un'ape inghiottirà una montagna, quando il Meru vacillerà, quando una zanzara ucciderà un leone, quando nella cavità all'interno di un atomo potrà espandersi il trimundio, quando il fuoco necessario a bruciare un fuscello durerà in eterno, quando gli oggetti sognati si presenteranno durante la veglia, quando la corrente di un fiume si arresterà, quando un affamato potrà cibarsi di fuoco, quando un cieco nato potrà giudicare con occhio esperto in materia di gemme, quando il figlio d'un eunuco potrà soddisfare una donna, quando si costruirà un carro fatto di corna di lepre, quando una vergine che ha appena partorito sarà di nuovo pronta al rapporto sessuale, quando il parto d'una donna sterile sarà fruttuoso, quando il corvo incederà come un cigno, quando il mulo affronterà il leone ed assumerà l'andatura dell'elefante, quando la luna piena diventerà il sole, quando il sole e la luna non saranno più soggetti alle eclissi, quando i semi torrefatti produrranno raccolto, quando il povero godrà della prosperità dei ricchi, quando il leone sarà sconfitto dalla prodezza dei cani, quando il cuore dei saggi si aprirà agli stolti, quando i cani avranno bevuto l'oceano senza lasciarne una goccia, quando lo spazio sidereo cadrà sul capo degli uomini, quando il cielo cadrà sulla terra, quando i fiori che crescono in cielo spanderanno profumo, quando una foresta che appaia nello spazio celeste prenderà a muoversi, quando uno specchio da solo produrrà un riflesso senza che nulla vi stia di fronte, solo allora si potrà dire che il mondo esiste davvero.
Tejobindupanisad VI 17 B- 99

MEDITAZIONE E ANNULLAMENTO DELLA MENTE
Riuscendo a vedere il Brahman ovunque vagli la mente, si ottiene la concentrazione mentale, che ne è la varietà suprema. La meditazione poi si ha quando si indulge a pensieri positivi del tipo "Io sono il Brahman e null'altro", senza che il pensiero si riferisca a nessun oggetto. Questo tipo di pratica conferisce somma beatitudine. Il raggiungimento e il successivo superamento di uno stato di immutabilità, mercè la comprensione della condizione del Brahman, porta allo stato di incentramento dell'attenzione. E il saggio dovrebbe sforzarsi di perseguire questa beatitudine non artificiale finché non riesca ad unirsi per un attimo alla condizione del Sé che costituisce l'intimo del suo essere. Allora questo re di coloro che praticano lo yoga raggiunge la perfezione e si libera del bisogno stesso di una disciplina spirituale.
Tejobindupanisad I 35-39°

Mille sono i polloni, mille i rami, i frutti e i boccioli dell'albero della trasmigrazione. Le sue radici sono costituite dalla mente, che è formata a parer mio da costruzioni mentali e da null'altro. Per disseccare l'albero della trasmigrazione se ne inaridiscano le radici, mercè l'annichilimento delle costruzioni mentali. C'è poi soltanto un mezzo per controllare la propria mente: distruggere l'attività mentale nel momento stesso in cui inizia. La distruzione della mente è la mirabile alba della gnosi. Il savio riesce a distruggere la mente, ma quando a tentare è l'insipiente ecco ergersi un ostacolo. Finché la mente non venga sconfitta definitivamente dalla pratica costante dell'unica Realtà, le impressioni latenti subconscie scorazzano liberamente all'interno del cuore simili a lemuri nottivaghi. Le impressioni latenti subconscie derivate dall'attività sensoriale di uno che sia riuscito a distruggere l'egoismo della mente e a controllare l'attività di quei mortali nemici che sono i sensi vengono distrutte, come fiori di loto al sopraggiungere dell'inverno. (...) Come non è possibile controllare un elefante infoiato nocivo se non adoperando il pungolo apposito, così, quando si tratta di sconfiggere la mente, i mezzi pienamente efficaci sono solamente il conseguimento della conoscenza del proprio Sé, l'accompagnarsi ai savi, la piena rinunzia ad ogni impressione subconscia e il controllo dei movimenti delle energie vitali. Questi sono i mezzi prescritti. Chi invece cerca di controllare la mente con la forza è simile a colui il quale frughi nelle tenebre dopo aver gettato via la lucerna che teneva in mano. Gli stolti che sperano di sconfiggere la mente facendo ricorso alla violenza cercano di catturare un elefante impazzito servendosi di corde di fibra di loto.
Muktikopanisad II 36-41, 43-47

Duplice è la natura dell'organo mentale, a seconda che esso sia puro o impuro. La mente impura è sospinta dai desideri, quella pura è libera da brame. La mente e null'altro cagiona la schiavitù o la liberazione degli uomini. La schiavitù consiste nell'adesione della mente agli oggetti; la liberazione sorge quando la mente si ritrae dagli oggetti. Cessata l'adesione agli oggetti, la mente confinandosi alla regione del cuore raggiunge lo stato in cui non è più mente, ossia la condizione suprema. Controlla la mente sino a che il processo di autoconsunzione non la porti nella regione del cuore. Questa è la vera gnosi, questa è meditazione: tutto il resto non è che ingombrante erudizione libresca. Il Brahman infatti non è pensabile né impensabile, e neppure è pensabile ed impensabile ad un tempo. Pienamente libero da ogni parzialità, il Brahman risulta incrollabilmente in sé compiuto. (...) Il Brahman invero è privo di parti, non soggetto a formalizzazioni concettuali, immacolato. Sapendo di essere il Brahman gradualmente ci si rende pari ad esso. Riconoscendo che esso è estraneo alla sfera di applicazione dei concetti, infinito, privo di causa o di esempi che lo possano illustrare, incommensurabile, privo di un inizio e di una fine, il savio giunge ad attingere la liberazione. Non si dà distruzione né nascita; non v'è chi sia legato né chi si sforzi di liberarsi. Nessuno cerca la liberazione, nessuno è liberato: questa è la verità suprema. Sappi dunque che il Sé va considerato come unico nei tre stati di coscienza, veglia, sogno e sonno profondo: per chi riesce a travalicare questi tre stati non si dà affatto rinascita. Uno solo è il Sé che si manifesta nei diversi esseri: viene visto come uno oppure come molti, come accade al disco lunare riflesso in uno specchio d'acqua. (...) Finché resta ottenebrato dall'illusione della conoscenza meramente verbale la differenza permane: dissolta la tenebra non si scorge altro che unità. Il Sé di grado inferiore è solo un flusso di parole, che una volta dissipatosi rivela il Brahman di grado superiore: su quest'ultimo, sul Brahman imperituro, dovrebbe meditare il saggio che desideri procacciarsi la quiete spirituale del proprio Sé. Due dunque sono gli Assoluti su cui si deve meditare: il Verbo e il Brahman di grado superiore. Chi è versato nello studio del Verbo riuscirà certamente ad attingere il Brahman di grado superiore. Grazie allo studio dei testi l'uomo accorto, tutto intento ad ottenere conoscenza e gnosi, dovrà a un certo punto abbandonare del tutto lo studio libresco, come chi desideri procacciarsi del grano dovrà di necessità lasciar da parte la paglia. Se il latte, pur munto da vacche di diversi colori, ha tuttavia lo stesso colore, si consideri il soggetto percipiente come il latte, le fonti della conoscenza come le vacche. Concentrando l'occhio della conoscenza si evochi il pensiero: "Son io dunque quella grande sede suprema, il Brahman privo di parti, esente da movimento, perfettamente quieto".
Tripuratapinyupanisad V 2-6, 8-12, 15-20

"Quest'intero universo non mi appartiene in alcuna sua parte. Non m'appartengono tempo, luogo, oggetti tangibili o pensieri. Non m'appartengono l'abluzione rituale, i riti da svolgere ai crepuscoli, deità o luoghi sacri. Non m'appartengono guadi che sian sede di pellegrinaggio, di servizi offerti alla divinità, di gnosi o sedi di esseri divini. Non m'appartengono la schiavitù, la nascita, la parola, il sole, il merito, il demerito, il dovere, la buona sorte. Non m'appartengono il principio vitale individuale, e neppure i tre mondi. Non m'appartengono la liberazione, la dualità, la scienza rivelata, le prescrizioni ritualmente, la prossimità, la distanza, la luce intellettuale, la segregazione. Non m'appartengono il maestro, il discepolo, la privazione, l'eccesso, Brahma, Visnu o Rudra. Non m'appartengono la luna, la terra, l'acqua, il vento, lo spazio, il fuoco. Non m'appartengono il gruppo familiare, lo scopo, l'esistenza, il meditante, l'oggetto meditato, la meditazione, la mente. Non m'appartengono il freddo, il caldo, la sete, la fame, l'amico, il nemico, l'illusione, la vittoria, il prima, il dopo, l'aldilà, le regioni dello spazio. Non m'appartiene affatto tutto ciò che può essere detto o ascoltato, pensato, desiderato e meditato, fruito, bramato o ricordato. Non m'appartengono il desiderio, lo yoga o il riassorbimento cosmico. (...) Io sono il Brahman, io sono il Brahman senza dubbio. Io sono consapevolezza, io sono consapevolezza." E’ detto liberato in vita chi ha questa conoscenza, chi percepisce se stesso come il Brahman e null'altro, consapevolezza e null'altro, come il Supremo e null'altro.
Tejobindupanisad IV 11 B - 21, 29 B - 30

mercoledì 13 aprile 2011

Guru Mantra - il mantra della saggezza



Guru Brahma, Guru Vishnu,
Guru Devo Maheshvara,
Guru Saaksaat Param Brahman
Tasmai Shri Guruve Namaha

mercoledì 6 aprile 2011

la Liberazione (estratti dalle Upanisad - testo italiano)























LA LIBERAZIONE
L'universo è il Brahman, e l’Atman lo pervade interamente.”Io sono una cosa, il mondo un'altra": abbandonando questa perniciosa opinione erronea non sono più possibili costruzioni mentali. Non vi è più dolore, né illusione, né vecchiaia, e neppure la rinascita.
Mahopanisad VI 12 – 13

La liberazione è la distruzione della schiavitù, che consiste nella sensazione di possedere personalmente gli oggetti, concepiti come fonte di piacere o dolore. Questa distruzione si ottiene distinguendo tra ciò che è imperituro e ciò che è transeunte in quest'universo effimero.
Niralambopanisad, 31

Eliminando la relazione tra soggetto percipiente ed oggetto percepito si consegue l'atarassia; divenendo stabile, quest'ultima prende il nome di liberazione.
Samnyasopanisad II 42

La liberazione arride solo a coloro che sono liberi dal dubbio; per quelli la cui coscienza è in preda al dubbio la liberazione non arriva neppure dopo molte rinascite. Per questo bisogna sforzarsi di acquisire fiducia.
Maitreyopanisad II 16

La schiavitù consiste meramente nel desiderio di soddisfazione dei sensi; la liberazione nella rinuncia ad esso.
Mahopanisad V 97

Due parole stanno a indicare schiavitù e liberazione: "Mio" e "non mio". "Mio" costringe l'uomo in schiavitù ", non mio" lo libera.
Varahopanisad II 43/b44a

Gli antichi veggenti Suka e Vamadeva dan nome a due sentieri divini: quello di Suka è noto come il sentiero dell'uccello, ossia il sentiero immediato, quello di Vamadeva come quello della formica, ossia il sentiero graduale. Coloro che sono pervenuti alla conoscenza del proprio Sé tramite la scrupolosa osservanza delle restrizioni e prescrizioni della scienza sacra, l'attento esame dei grandi detti ivi contenuti e l'incentramento dell'attenzione che nasce dallo sforzo di distinguere il principio cosciente da quello oggettuale o dalla pratica dello yoga, purificatisi seguendo la via di Suka raggiungono la sede suprema. Tramite la ripetuta pratica delle prescrizioni e simili nonché delle posture prescritte dallo yoga della forza alcuni son divenuti soggetti a quegli ostacoli spirituali rappresentati dai poteri sovranormali mondani quali la facoltà di diventare piccolo a piacere e simili. Costoro, non avendo ottenuto il frutto desiderato della liberazione, rinasceranno in una famiglia dabbene e riprenderanno a praticare lo yoga in forza delle impressioni subconscie accumulate in precedenza. Attraverso la pratica dello yoga nel corso di molteplici rinascite essi ottengono la sede suprema di Visnu, ossia la liberazione, seguendo la via di Vamadeva. Vi son dunque due benefiche vie atte a conferire l'attingimento dell'Assoluto, l'una che dona la liberazione immediata, l'altra che la fa raggiungere in modo graduale.
Varahopanisad IV 36 - 42 A

AZIONE, NON -AZIONE, CONOSCENZA
E’ azione quell'attività compiuta per il tramite dei sensi, di cui il principio cosciente diviene consapevole dicendo "Io faccio questo". E’ non-azione l'esecuzione di riti quotidiani ed occasionali, sacrifici, voti, atti di ascesi, doni e simili, compiuta senza avere di mira il loro frutto. A causa dell'egoismo di chi ne è agente o fruitore essa conduce alla schiavitù e ha come effetto la nascita e i mali che ne derivano. La conoscenza è la comprensione per conoscenza diretta che nel mutevole universo non vi è nulla tranne l'immutabile Coscienza, che non è soggetta a mutamento al pari delle altre categorie di oggetti sensibili quali un vaso, una veste e simili: essa è identica ovunque ed insita in ogni cosa, e si manifesta ad un tempo come colui che percepisce e come ciò che vien percepito. Tale conoscenza sorge in seguito al soggiogamento dei sensi, al servizio devoto offerto ad un maestro competente, all'ascolto, alla meditazione e all'attenzione per i sacri testi.
Niralambopanisad 22 – 24

Osservando scrupolosamente i propri obblighi relativi agli stadi di vita e all'ordine sociale, praticando varie forme di austerità e per ultimo procurando di soddisfare i desideri del proprio maestro si sviluppa la quadruplice disciplina spirituale, che consiste nel distacco. Essa è composta dalla discriminazione tra ciò che è eterno e ciò che non è eterno, dal completo disinteresse per la fruizione di piaceri mondani o ultramondani, dall'acquisizione delle sei virtù che cominciano con la calma, ed infine dal desiderio insopprimibile della liberazione. Domati gli organi dei sensi, rinuncia a coltivare l'idea di un io in qualsivoglia oggetto, e sforzati di riporre la consapevolezza del tuo io in me, Visnu, che sono la coscienza testimone d'ogni evento. Arduo è nascere in forma umana, più difficile ancora ottenere il privilegio del sesso maschile, e difficilissimo infine avere in sorte di appartenere al ceto sacerdotale. Se poi uno anche così, pur avendo ascoltato, meditato e riflettuto in cuor suo sull'insegnamento ultimo concernente la vera natura, la cui forma si pone al di là di ogni convenzione derivante dall'ordinamento sociale, dell'Assoluto che ha come sue caratteristiche l'essere, la consapevolezza e la beatitudine, ancora non giungesse a comprenderlo, allora come potrà mai costui raggiungere la liberazione?
Varahopanisad II 2 - 7 a

Come invero i raggi del sole dissolvono in un batter d'occhio la più compatta tenebra notturna, così la più fitta oscurità, causa di esistenza futura, è distrutta da Hari, che è lo splendore stesso del sole, e da nessun altro. Rendendo omaggio ai divini piedi di Hari e ricordandoli piamente ci si libera dalle nebbie della propria ignoranza spirituale. In verità non c'è altro mezzo per disfarsi di morte e rinascita che contemplare i piedi del Dio. Chi desidera la prosperità loda chi è ricco: e dunque, chi non potrà venir liberato dai suoi legami se con rispetto leva lodi a Chi è causa dell'universo stesso?
Varahopanisad III 11 – 13

MONOLOGO DEL LIBERATO
"Io sono, io sono il Supremo, io sono la scaturigine dell'universo. E sono pure il maestro spirituale di tutti i mondi, e tutti i mondi ad un tempo. Io sono Lui, l'Assoluto. Io soltanto e nell'altro io sono. Io sono perfetto, puro, a tutto superiore. Ed eterno altresì io sono, imperituro ed immacolato. Consapevolezza io sono, io sono peculiare, io sono la bevanda sacrificale, io sono compiuto. Di buon auspicio io sono, e privo di pena, consapevolezza io sono, sempre eguale a me stesso. Esente da onore e disonore, privo di qualità, benigno io sono. Al di là di ciò ch'è duale o non duale, libero dalle coppie di opposti io sono, io sono Lui, l'Assoluto. Al di là di esistenza ed inesistenza, al di là del linguaggio, io risplendo. Io sono la maestà ch'è ad un tempo vacuità e non vacuità, il bene e il male sono io. Al di là di eguaglianza e difformità io sono, e perenne, puro, perpetuamente benevolo. Superiore alla contrapposizione tra mondo e non mondo, di natura luminosa e lieve, eterno io sono. Io sono privo del numero uno e pure del due, sto al di là della distinzione tra essere e non essere, esente da costruzioni mentali. Io sono immune dalla differenza che sorge dalla molteplicità, e ho l'aspetto di una beatitudine indivisa. Io non sono un ego, né qualcosa d'altro, io son privo di corpo e simili. Dotato e non dotato di rifugio, io son privo di sostrato. Esente da schiavitù, da liberazione e simili, io sono Lui, il puro Assoluto. Privo di e simili, il Supremo io sono, al Supremo stesso superiore. Perenne, privo e ad un tempo dotato di capacità deliberativa io sono: io sono Lui, l'Assoluto. Eterno io sono, e ho l'aspetto dei tre componenti la sillaba sacra: A, U e M. Immune dal soggetto che medita, dalla meditazione e da ciò che vien meditato io sono: io sono Lui, l'Assoluto. Ovunque compiuto sotto ogni aspetto io sono, caratterizzato da essere, coscienza e beatitudine. Io appaio come tutti i guadi sacri, sede di pellegrinaggio, il Sé supremo io sono, Siva stesso son io".
Maitreyopanisad III 1 - 12

venerdì 1 aprile 2011

sivananda, la potenza del pensiero






















La potenza del pensiero e le condizioni per una nuova civiltà

Il pensiero plasma l'uomo che, a sua volta, forma la civiltà. Dietro ogni avvenimento importante della vita e della storia del mondo, esiste una forma di pensiero; dietro ogni scoperta ed invenzione, dietro ogni religione e filosofia, ogni distruzione e creazione della vita, esiste il pensiero. Il pensiero viene espresso con la parola che lo trasforma in azione. Vero è il detto: "Tu diventerai quello che pensi". Ma come costruire una civiltà nuova? Risvegliando una nuova forza di pensiero. Come costruire una civiltà che possa garantire all'uomo la pace e la prosperità? Risvegliando nell'uomo la serenità, la virtù, l'amore. La centesima parte delle energie usate per rincorrere scopi vani sarebbe sufficiente per creare il pensiero che genererebbe la civiltà nuova.
Le armi nucleari e le altre invenzioni esiziali portano inesorabilmente la più totale distruzione. La natura diventa sterile e un senso di sgomento, di paura, di sospetto e di odio scende nel cuore dell'uomo, si insinua nella sua mente già vacillante, penetra nel suo fisico logoro, malato. Fermati, non discendere più oltre.
Nella nuova Civiltà nascerà un albero, di cui tutti mangeranno i frutti. L'uomo sarà giusto, generoso, amorevole con tutti, perché il benessere di tutti sarà la sua più grande felicità. In questa società ognuno darà al suo prossimo tutto quello che ha e riceverà tutto quello che ha donato. Non esisteranno più metodi di tassazione o di ripartizione degli utili. Non esisterà più la polizia né l'esercito. Scompariranno le ingiustizie sociali ed economiche. La virtù sarà l'unica sentinella che veglierà nel mondo. Risvegliamoci, l'ora è giunta ormai. Muoviamoci incontro alla vita.