LA LIBERAZIONE
L'universo è il Brahman, e l’Atman lo pervade interamente.”Io sono una cosa, il mondo un'altra": abbandonando questa perniciosa opinione erronea non sono più possibili costruzioni mentali. Non vi è più dolore, né illusione, né vecchiaia, e neppure la rinascita.
Mahopanisad VI 12 – 13
La liberazione è la distruzione della schiavitù, che consiste nella sensazione di possedere personalmente gli oggetti, concepiti come fonte di piacere o dolore. Questa distruzione si ottiene distinguendo tra ciò che è imperituro e ciò che è transeunte in quest'universo effimero.
Niralambopanisad, 31
Eliminando la relazione tra soggetto percipiente ed oggetto percepito si consegue l'atarassia; divenendo stabile, quest'ultima prende il nome di liberazione.
Samnyasopanisad II 42
La liberazione arride solo a coloro che sono liberi dal dubbio; per quelli la cui coscienza è in preda al dubbio la liberazione non arriva neppure dopo molte rinascite. Per questo bisogna sforzarsi di acquisire fiducia.
Maitreyopanisad II 16
La schiavitù consiste meramente nel desiderio di soddisfazione dei sensi; la liberazione nella rinuncia ad esso.
Mahopanisad V 97
Due parole stanno a indicare schiavitù e liberazione: "Mio" e "non mio". "Mio" costringe l'uomo in schiavitù ", non mio" lo libera.
Varahopanisad II 43/b44a
Gli antichi veggenti Suka e Vamadeva dan nome a due sentieri divini: quello di Suka è noto come il sentiero dell'uccello, ossia il sentiero immediato, quello di Vamadeva come quello della formica, ossia il sentiero graduale. Coloro che sono pervenuti alla conoscenza del proprio Sé tramite la scrupolosa osservanza delle restrizioni e prescrizioni della scienza sacra, l'attento esame dei grandi detti ivi contenuti e l'incentramento dell'attenzione che nasce dallo sforzo di distinguere il principio cosciente da quello oggettuale o dalla pratica dello yoga, purificatisi seguendo la via di Suka raggiungono la sede suprema. Tramite la ripetuta pratica delle prescrizioni e simili nonché delle posture prescritte dallo yoga della forza alcuni son divenuti soggetti a quegli ostacoli spirituali rappresentati dai poteri sovranormali mondani quali la facoltà di diventare piccolo a piacere e simili. Costoro, non avendo ottenuto il frutto desiderato della liberazione, rinasceranno in una famiglia dabbene e riprenderanno a praticare lo yoga in forza delle impressioni subconscie accumulate in precedenza. Attraverso la pratica dello yoga nel corso di molteplici rinascite essi ottengono la sede suprema di Visnu, ossia la liberazione, seguendo la via di Vamadeva. Vi son dunque due benefiche vie atte a conferire l'attingimento dell'Assoluto, l'una che dona la liberazione immediata, l'altra che la fa raggiungere in modo graduale.
Varahopanisad IV 36 - 42 A
AZIONE, NON -AZIONE, CONOSCENZA
E’ azione quell'attività compiuta per il tramite dei sensi, di cui il principio cosciente diviene consapevole dicendo "Io faccio questo". E’ non-azione l'esecuzione di riti quotidiani ed occasionali, sacrifici, voti, atti di ascesi, doni e simili, compiuta senza avere di mira il loro frutto. A causa dell'egoismo di chi ne è agente o fruitore essa conduce alla schiavitù e ha come effetto la nascita e i mali che ne derivano. La conoscenza è la comprensione per conoscenza diretta che nel mutevole universo non vi è nulla tranne l'immutabile Coscienza, che non è soggetta a mutamento al pari delle altre categorie di oggetti sensibili quali un vaso, una veste e simili: essa è identica ovunque ed insita in ogni cosa, e si manifesta ad un tempo come colui che percepisce e come ciò che vien percepito. Tale conoscenza sorge in seguito al soggiogamento dei sensi, al servizio devoto offerto ad un maestro competente, all'ascolto, alla meditazione e all'attenzione per i sacri testi.
Niralambopanisad 22 – 24
Osservando scrupolosamente i propri obblighi relativi agli stadi di vita e all'ordine sociale, praticando varie forme di austerità e per ultimo procurando di soddisfare i desideri del proprio maestro si sviluppa la quadruplice disciplina spirituale, che consiste nel distacco. Essa è composta dalla discriminazione tra ciò che è eterno e ciò che non è eterno, dal completo disinteresse per la fruizione di piaceri mondani o ultramondani, dall'acquisizione delle sei virtù che cominciano con la calma, ed infine dal desiderio insopprimibile della liberazione. Domati gli organi dei sensi, rinuncia a coltivare l'idea di un io in qualsivoglia oggetto, e sforzati di riporre la consapevolezza del tuo io in me, Visnu, che sono la coscienza testimone d'ogni evento. Arduo è nascere in forma umana, più difficile ancora ottenere il privilegio del sesso maschile, e difficilissimo infine avere in sorte di appartenere al ceto sacerdotale. Se poi uno anche così, pur avendo ascoltato, meditato e riflettuto in cuor suo sull'insegnamento ultimo concernente la vera natura, la cui forma si pone al di là di ogni convenzione derivante dall'ordinamento sociale, dell'Assoluto che ha come sue caratteristiche l'essere, la consapevolezza e la beatitudine, ancora non giungesse a comprenderlo, allora come potrà mai costui raggiungere la liberazione?
Varahopanisad II 2 - 7 a
Come invero i raggi del sole dissolvono in un batter d'occhio la più compatta tenebra notturna, così la più fitta oscurità, causa di esistenza futura, è distrutta da Hari, che è lo splendore stesso del sole, e da nessun altro. Rendendo omaggio ai divini piedi di Hari e ricordandoli piamente ci si libera dalle nebbie della propria ignoranza spirituale. In verità non c'è altro mezzo per disfarsi di morte e rinascita che contemplare i piedi del Dio. Chi desidera la prosperità loda chi è ricco: e dunque, chi non potrà venir liberato dai suoi legami se con rispetto leva lodi a Chi è causa dell'universo stesso?
Varahopanisad III 11 – 13
MONOLOGO DEL LIBERATO
"Io sono, io sono il Supremo, io sono la scaturigine dell'universo. E sono pure il maestro spirituale di tutti i mondi, e tutti i mondi ad un tempo. Io sono Lui, l'Assoluto. Io soltanto e nell'altro io sono. Io sono perfetto, puro, a tutto superiore. Ed eterno altresì io sono, imperituro ed immacolato. Consapevolezza io sono, io sono peculiare, io sono la bevanda sacrificale, io sono compiuto. Di buon auspicio io sono, e privo di pena, consapevolezza io sono, sempre eguale a me stesso. Esente da onore e disonore, privo di qualità, benigno io sono. Al di là di ciò ch'è duale o non duale, libero dalle coppie di opposti io sono, io sono Lui, l'Assoluto. Al di là di esistenza ed inesistenza, al di là del linguaggio, io risplendo. Io sono la maestà ch'è ad un tempo vacuità e non vacuità, il bene e il male sono io. Al di là di eguaglianza e difformità io sono, e perenne, puro, perpetuamente benevolo. Superiore alla contrapposizione tra mondo e non mondo, di natura luminosa e lieve, eterno io sono. Io sono privo del numero uno e pure del due, sto al di là della distinzione tra essere e non essere, esente da costruzioni mentali. Io sono immune dalla differenza che sorge dalla molteplicità, e ho l'aspetto di una beatitudine indivisa. Io non sono un ego, né qualcosa d'altro, io son privo di corpo e simili. Dotato e non dotato di rifugio, io son privo di sostrato. Esente da schiavitù, da liberazione e simili, io sono Lui, il puro Assoluto. Privo di e simili, il Supremo io sono, al Supremo stesso superiore. Perenne, privo e ad un tempo dotato di capacità deliberativa io sono: io sono Lui, l'Assoluto. Eterno io sono, e ho l'aspetto dei tre componenti la sillaba sacra: A, U e M. Immune dal soggetto che medita, dalla meditazione e da ciò che vien meditato io sono: io sono Lui, l'Assoluto. Ovunque compiuto sotto ogni aspetto io sono, caratterizzato da essere, coscienza e beatitudine. Io appaio come tutti i guadi sacri, sede di pellegrinaggio, il Sé supremo io sono, Siva stesso son io".
Maitreyopanisad III 1 - 12
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