Il Mahabharata è antichissimo e vasto, lungo sette volte l’Iliade e l’Odissea messe insieme, tre volte la Bibbia, con i suoi centomila versi è uno dei più lunghi poemi mai scritti. Al suo interno, settecento quartine di ottonari che hanno influenzato la storia dell’India ma anche quella del mondo intero: la Bhagavad-Gita, “Il canto del glorioso signore”, è un vero e proprio manuale d’istruzioni per vivere, scritto probabilmente nel II secolo a.C e proveniente da una tradizione orale precedente, secondo alcuni risalente a migliaia di anni prima.
Secondo la
Bhagavad-Gita, peraltro articolata e ricca di sfumature,
ognuno ha un suo dovere e un suo ruolo nel mondo, e deve compierlo con la
massima devozione, senza alcun attaccamento al risultato, semplicemente
dedicando in modo sincero le sue azioni al divino. Il poema, per usare le
parole di Gandhi, “descrive la battaglia che sempre infuria tra gli infiniti
Kaurava e Pandava che abitano dentro di noi. È una lotta tra le innumerevoli
forze del bene e del male che si personificano in noi come vizi e virtù”.
La Bhagavad-Gita è un coraggioso invito alla vita attiva, con alcune fondamentali istruzioni pratiche sullo Yoga in quanto tecnica per imparare il controllo della mente e del corpo: “lo yoga che pone fine alla sofferenza è per chi è misurato nel cibo e nel divertimento, è misurato nelle sue azioni, è misurato nel sonno e nella veglia”. (VI 17)
La Bhagavad-Gita è un coraggioso invito alla vita attiva, con alcune fondamentali istruzioni pratiche sullo Yoga in quanto tecnica per imparare il controllo della mente e del corpo: “lo yoga che pone fine alla sofferenza è per chi è misurato nel cibo e nel divertimento, è misurato nelle sue azioni, è misurato nel sonno e nella veglia”. (VI 17)
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