I nostri pensieri divengono il nostro mondo. Noi diventiamo ciò che pensiamo. Questo è l'eterno mistero. (Maitri Upanisad)

domenica 20 marzo 2011

il Brahman (estratti dalle Upanisad - testo italiano)















Infinito e non manifesto è questo Sé. Jabalopanisad II 1

Uno, senza secondo, reale, privo di nome e forma, questo io sono: mercè questa riflessione che ha per oggetto l'identità io divengo il Brahman.
Sukarahasyopanisad III 5°

In antico non c'era affatto tutto questo mondo: non c'era il cielo e lo spazio intermedio, e neppure la terra c'era. Solo il Brahman, isolato, senza inizio e senza fine, privo di un aspetto minuto o grossolano, privo affatto d'ogni aspetto, impercepibile, sostanziato di conoscenza esisteva come pura beatitudine.
Avyaktopanisad 1

Riflesso nell'illusione cosmica che sotto forma di purissima lieve luminosità fa da sostrato all'universo, il Brahman e non è soggetto a nascita. (...) Ed invero l'illusione cosmica non rappresenta altro che un'erronea costruzione mentale sovrapposta alla signoria dell'Onnisciente. Facoltà di soggiogare gli altri, unicità ed onniscienza gli appartengono. E’ il Signore dei mondi, grazie alla sua matura sostanziata di luminosità, alla sua perfezione e al suo essere testimone d'ogni evento. E’ in grado di manifestare il mondo, di non manifestarlo o di manifestarlo altrimenti da com'esso si presenta.
Sarasvatirahasyopanisad 14a, 15-16

Il Brahman non è soggetto ai tre tempi, passato, presente e futuro; e anzi non è soggetto a alcun'altra possibile dimensione temporale. Il Brahman si presenta sia in possesso di attributi sia senza di essi. Privo di sostanza propria, intimamente vacuo è il Brahman al principio, nel mezzo e alla fine. Quest'intero universo invero è il Brahman. Il Brahman sta al di là dell'illusione cosmica, al di là delle qualità costituenti il principio oggettuale. Infinito, inconoscibile, intatto, perfetto è il Brahman. Senza secondo, somma beatitudine, puro, illuminato, sciolto, vero e reale, onnipervadente, indifferenziato, indiviso è il Brahman. Il Brahman è essere, coscienza e beatitudine, luce di per sé splendente. Il Brahman non è pascolo per la mente o la parola. Integro, il Brahman non dà luogo ai metodi logici di retta conoscenza. Incommensurabile, il Brahman si lascia conoscere solo mercè i principi che costituiscono il fine ultimo della scienza sacra. Il Brahman è privo di distinzioni quanto a luogo, a tempo e sostanza. Interamente perfetto è il Brahman. Pari al quarto stato di coscienza, esente da mutamenti, unico è il Brahman. Non soggetto alla dualità, inesprimibile a parole è il Brahman.
Tripadvibhutimahanarayanopanisad I 54-69

Chi ha gli occhi della mente riesce a scorgere tutti gli esseri, dal divino Brahman giù giù fino alle creature immobili. Gli iniziati invero contemplano quell'uno, che irradia luce tutt'intorno e pervade ogni cosa.
Mantrikopanisad 16

Vero e reale, il supremo Brahman è l'unico rimedio a questo universo di trasmigrazione. Senza macchia al di là d'ogni immaginazione, perenne, è privo d'un inizio, d'un mezzo o d'una fine.
Annapurnopanisad V 72

Il supremo Brahman rifulge immacolato, privo di parti: è di buon auspicio, imperituro, non conosce il dolore.
Parabrahmopanisad 8

Sostegno dell'intero universo, libero dalle coppie di opposti, il supremo Brahman è eterno. Si manifesta come essere, coscienza e beatitudine, e parola e pensiero non riescono a comprenderlo.
Rudrahrdayopanisad 26


Il Brahman è il fondamento del dispiegarsi dell'universo, che però non esiste realmente (...) Il sole che illumina un vaso non viene meno in seguito alla distruzione di quel vaso: lo stesso accade alla coscienza - testimone che illumina il corpo, e non vien meno in seguito alla distruzione del corpo (...) Al modo in cui un gufo abbacinato scorge solo tenebra nel sole, così chi è obnubilato dall'ignoranza non percepisce che tenebra nella suprema beatitudine, che di per sé è splendente, del Brahman. Se le nubi gli velano la vista lo sciocco pensa che il sole non ci sia: proprio così chi è ottenebrato dall'ignoranza e costretto nel corpo pensa che il Brahman non esista (...) Ma proprio come la luce di una lampada, per quanto piccola, riesce a disperdere una tenebra sconfinata, così un barlume di conoscenza, per piccolo che sia, riesce a sconfiggere la più fitta e densa ignoranza. 
Atmabodhopanisad II 12, 18, 25 - 26, 28



Il supremo sé va venerato secondo i precetti degli imperituri ed inalterabili dettami della scienza sacra rivelata. (...) Simile ad un seme di baniano, ad un chicco di miglio, esso è grande quanto la centomillesima parte della punta di un capello. Inafferrabile, è per di più impercettibile. Non è soggetto a nascita e nemmeno a morte; né brucia né si bagna né si dissecca, non può essere scosso né trafitto, e neppure tagliato o spezzato: è il testimone impassibile privo d'ogni qualità. Puro, indivisibile, sciolto da ogni legame, sottile, privo di parti, immacolato, esente da orgoglio, impenetrabile dai cinque sensi: suono, tatto, sapore, vista ed odore, libero da dubbi, senza vane speranze, esso pervade ogni cosa. Non lo si può concepire ed ancora meno descrivere. Purifica ciò che è di per sé impuro ed inquinato. Sciolto com'è dai lacci dell'azione, non v'è per lui alcuna possibilità d'essere soggetto al ciclo delle rinascite. 
Atmopanisad 1 d-i

Chi, concentrando la mente in un sol punto, mediti assiduamente su di me, Hari l'imperituro, e parimenti rifletta sul proprio Sé nel loto del cuore, costui senza dubbio si libera. La mia forma è il Brahman scevro di dualità, privo di un inizio, di un mezzo o di una fine. Chi con devozione partecipa della mia luce splendente, che è essere, coscienza e beatitudine, quegli conosce l'imperituro.
Vasudevopanisad 25 – 28

Colui che percepisce del pari la coscienza e gli oggetti che ne sono privi, quegli è l'incrollabile, sostanziato di conoscenza. Questi invero è il Gran Signore, il sommo Hari. Questi invero è lo splendore di tutte le luci, è il supremo Signore. Questi invero è l'eccelso Brahman, e questo Brahman sono io stesso, senz'alcun dubbio.
Il vivente è Siva, Siva è il vivente, e dunque codesto individuo vivente è sciolto dai legami, è Siva. Il chicco di riso grezzo costretto dalla pula diviene, quando se ne libera, riso brillato. Del pari l'individuo vivente è costretto, ma quando sia distrutto il fardello delle sue azioni egli diviene pari a Siva l'imperituro. Il vivente è avviluppato dai suoi lacci, ma quando se ne libera diviene pari a Siva l'imperituro. Il vivente è avviluppato dai suoi lacci, ma quando se ne libera diviene pari a Siva l'imperituro. Omaggio a Siva che appare come Visnu, e a Visnu che appare come Siva. L'intima realtà di Siva è Visnu, l'intima realtà di Visnu è Siva. Come Visnu è sostanziato di Siva, così Siva lo è di Visnu. Giacché non scorgo differenza tra i due, possa io ottenere prosperità in vita.
Skandopanisad 4 – 9

L'insegnamento segreto riporta alcune stanze che riguardano ciascuna il significato di un grande detto. Ciò in grazia del quale si vede, si ode, si afferrano gli odori e si articola verbo, quel che discerne il dolce dall'amore, è noto con il nome di coscienza. La possiedono gli dei dai quattro volti, Indra, gli uomini, i cavalli, i bovini e simili. Una è la coscienza, a partire dal Brahman: il Brahman è una massa di consapevolezza, presente anche in me. Compiuto, il supremo Sé risiede in questo stesso corpo, che è abilitato a fruire della conoscenza. Rinsaldatosi grazie al ruolo di testimone degli eventi svolto dall'intelletto, rifulgendo viene in essere l'io. Di per sé compiuto, il supremo Sé viene lodato in queste stanze con il nome Brahman. Semplicemente pensando "Io sono" io divengo il Brahman.
Sukarahasyopanisad III 1 – 4

Tramite la meditazione ci si deve dedicare a trasformare il proprio Sé nel Brahman non duale, che è essere, coscienza e beatitudine, e si deve divenire pari a questo Brahman che è essere, coscienza e beatitudine: questo è l'insegnamento.
Vajrasucikopanisad 29

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